Roma, 7 giu. (AdnKronos Salute) - Quasi 25 miliardi di euro sono stati sprecati in sanità lo scorso anno, circa il 20% del totale della spesa, 112,408 miliardi secondo il consuntivo 2015. Le voci che hanno gravato di più sono l'eccessivo numero di prestazioni inefficaci, inappropriate o troppo costose rispetto ai benefici reali (7,4 mld) e la corruzione, male italico che si annida anche nel Ssn (4,9 mld). Questi i dati frutto di un'indagine della Fondazione Gimbe, illustrati nel Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale 2016-2025, presentato oggi a Roma.
E' su queste voci che bisogna agire per recuperare risorse da investire nel Ssn, insiste Gimbe, secondo cui solo per alcune categorie di sprechi le Istituzioni hanno preso i necessari provvedimenti, almeno a livello normativo.
Nel prossimo decennio, sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, "è indispensabile un piano graduale di disinvestimento dagli sprechi, non solo basato su azioni puntuali di spending review, ma che preveda INTERVENTI strutturali e organizzativi in grado di eliminarne definitivamente una componente". Attuando questo piano di disinvestimento, stimano gli esperti, è possibile recuperare circa 100 miliardi di euro in 10 anni.
Intanto, sono finiti in un buco nero 24,7 miliardi di euro, sottratti a servizi essenziali e innovazione. Di questi "il 30%, circa 7,4 mld - elenca il Rapporto - viene assorbito dal sovrautilizzo di INTERVENTI sanitari inefficaci, inappropriati o dai costi elevati rispetto ai benefici reali". Altro che 'less is more'.
A questi si aggiungono "4,9 mld di euro (20%) erosi da frodi e abusi; 3,2 mld (13%) sprecati nell'acquisto di tecnologie sanitarie, farmaci e strumenti medici e di beni e servizi non sanitari, come mense e lavanderie, a costi eccessivi; 3,4 mld (14%) per il sottoutilizzo delle prestazioni, che comporta aggravamento delle condizioni dei pazienti, ricoveri e altri INTERVENTI evitabili. Burocrazia, ipertrofia del comparto amministrativo e scarsa diffusione delle tecnologie assorbono circa 2,7 mld (11%) e l'inadeguato coordinamento dell'assistenza 2,9 mld (12%).
"Per alcune categorie di sprechi - riconosce la Fondazione Gimbe - le Istituzioni stanno andando nella giusta direzione, almeno a livello normativo: piano nazionale anticorruzione, criteri di selezione dei direttori generali, centralizzazione degli acquisti, patto per la sanità digitale. Ma rimangono ancora un lontano miraggio la riorganizzazione integrata tra ospedale e cure primarie e soprattutto il contributo attivo dei professionisti nel definire in maniera condivisa servizi e prestazioni sanitarie da cui disinvestire". In particolare, "quando le evidenze scientifiche non supportano le richieste del paziente, il medico ha il dovere etico di rifiutarle, per contribuire a riformulare l'imperativo socio-culturale 'more is better' in 'less is more'".
E' su queste voci che bisogna agire per recuperare risorse da investire nel Ssn, insiste Gimbe, secondo cui solo per alcune categorie di sprechi le Istituzioni hanno preso i necessari provvedimenti, almeno a livello normativo.
Nel prossimo decennio, sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, "è indispensabile un piano graduale di disinvestimento dagli sprechi, non solo basato su azioni puntuali di spending review, ma che preveda INTERVENTI strutturali e organizzativi in grado di eliminarne definitivamente una componente". Attuando questo piano di disinvestimento, stimano gli esperti, è possibile recuperare circa 100 miliardi di euro in 10 anni.
Intanto, sono finiti in un buco nero 24,7 miliardi di euro, sottratti a servizi essenziali e innovazione. Di questi "il 30%, circa 7,4 mld - elenca il Rapporto - viene assorbito dal sovrautilizzo di INTERVENTI sanitari inefficaci, inappropriati o dai costi elevati rispetto ai benefici reali". Altro che 'less is more'.
A questi si aggiungono "4,9 mld di euro (20%) erosi da frodi e abusi; 3,2 mld (13%) sprecati nell'acquisto di tecnologie sanitarie, farmaci e strumenti medici e di beni e servizi non sanitari, come mense e lavanderie, a costi eccessivi; 3,4 mld (14%) per il sottoutilizzo delle prestazioni, che comporta aggravamento delle condizioni dei pazienti, ricoveri e altri INTERVENTI evitabili. Burocrazia, ipertrofia del comparto amministrativo e scarsa diffusione delle tecnologie assorbono circa 2,7 mld (11%) e l'inadeguato coordinamento dell'assistenza 2,9 mld (12%).
"Per alcune categorie di sprechi - riconosce la Fondazione Gimbe - le Istituzioni stanno andando nella giusta direzione, almeno a livello normativo: piano nazionale anticorruzione, criteri di selezione dei direttori generali, centralizzazione degli acquisti, patto per la sanità digitale. Ma rimangono ancora un lontano miraggio la riorganizzazione integrata tra ospedale e cure primarie e soprattutto il contributo attivo dei professionisti nel definire in maniera condivisa servizi e prestazioni sanitarie da cui disinvestire". In particolare, "quando le evidenze scientifiche non supportano le richieste del paziente, il medico ha il dovere etico di rifiutarle, per contribuire a riformulare l'imperativo socio-culturale 'more is better' in 'less is more'".
Ultimo aggiornamento: 07 Giugno 2016
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