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Clostridium perfringens, il batterio della carne

Clostridium perfringens, il batterio della carne

Il clostridium perfringens è un batterio Gram positivo legato soprattutto al consumo di carne non adeguatamente trattata.

È un batterio Gram positivo sporigeno immobile, anaerobio obbligato in grado di crescere in un ampio intervallo di temperatura (5-55°C) e di pH (5-8).

Molto diffuso in natura dove si trova nelle acque, nel suolo e nell’intestino di uomo ed animali.

Si conoscono 5 diversi tipi indicati come A, B, C, D, E in grado di produrre vari tipi di tossine, tuttavia solo i tipi A e C sono pericolosi per l’uomo. Più specificatamente il tipo A è quello coinvolto nelle tossinfezioni, mentre il tipo C è molto più raro ed è responsabile di una enterite necrotica molto più grave della precedente.

Chimicamente la Tossina è un polipeptide semplice facilmente distrutto dalla temperatura (60°C per 10 minuti) e viene prodotta durante la fase di sporulazione, pertanto le condizioni che favoriscono la germinazione delle spore, ne favoriscono anche la produzione che avviene generalmente a livello intestinale.

I primi sintomi compaiono tra le 6 e le 24 ore successive l’ingestione di cibo contenente cellule vive e consistono in forti dolori addominali, diarrea, nausea e meteorismo.

Il decorso è solitamente benigno. Si tratta di una tossinfezione legata quasi esclusivamente alla Ristorazione Collettiva e soprattutto al consumo di carne non adeguatamente trattata al calore o mal refrigerata.

Tra le carni comunque le più pericolose sono quelle tipo arrosto arrotolato, in quanto la loro superficie esterna, più contaminata, viene portata con la fase di arrotolamento all’interno della massa dove più facilmente si instaurano condizioni di anaerobiosi e gli scambi di calore avvengono molto più lentamente.

Particolarmente pericoloso è lasciare l’alimento a temperatura ambiente poichè in queste condizioni viene favorita la germinazione delle spore e la liberazione di tossina.

La tossinfezione si manifesta solo in seguito a:

  • Presenza del Microrganismo Patogeno vivo;
  • Condizioni di temperatura che ne favoriscano la proliferazione sino ad un numero minimo pari a 106 ufc/g di prodotto (ufc: unità di misura di carica batterica: Unità Formanti Colonia);
  • consumo dell’alimento da parte di una collettività.

Le misure preventive sono:

  • Controllo qualità nella scelta delle materie prime;
  • Rispetto delle più elementari norme igieniche;
  • Rigoroso controllo della temperatura nella fase di refrigerazione e di cottura (almeno 65°C per alimenti caldi; non più di 3°C per alimenti freddi sino al consumo.

Dott. Barelli Alessandro
Dirigente Medico responsabile di Struttura Semplice
Tossicologia clinica (UOS)

Policlinico Gemelli

Ultimo aggiornamento: 05 Agosto 2015
3 minuti di lettura

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