La gastronomia è scienza complessa e in continua espansione. Scienza in quanto somma di tecniche non solo empiriche ma codificate (i tempi di cottura, la preparazione) e di estro inventivo, in un non so che di alchemico e di ancestrale, come nelle scienze premoderne. Senza dimenticare le formulazioni più recenti come la cucina molecolare.
È probabilmente la scienza più universale in quanto ogni essere umano in qualche modo ne è coinvolto quotidianamente. Molto recentemente, poi, ciò che prima era limitato agli ambiti degli addetti ai lavori o comunque in materia “casalinga” (non dimentichiamo che la materia “economia domestica” è sparita dalle nostre scuole da tempo immemorabile) è diventato non solo fenomeno mediatico e di tendenza ma anche argomento di dibattito quanto mai importante per le sue implicanze sociali e culturali nonché terreno di scontro fra “filosofie” diverse.
L’alimentazione diventa argomento di interesse medico
Nell'era dell'ipercomunicazione è stato quindi del tutto automatico che anche la medicina abbia dovuto occuparsene. In parte lo sta già facendo e la nostra associazione scientifica ne è un esempio.
Dapprima con reticenza e sussiegosa attenzione (la medicina, soprattutto quella “alta”, è comunque sempre stata patrimonio di ambienti e circoli ristretti) successivamente spinta dall'onda un po' modaiola e sollecitata dall'innata vanità alla ricerca di auditori più ampi e variegati, oggi non è raro vedere illustri clinici “abbassarsi” a parlare di cibo/salute/malattie sui quotidiani, in tv e ora anche in congressi e convegni. Come tutti i fenomeni culturali tutto ciò implica risvolti positivi e negativi.
Tra quelli positivi va sicuramente ascritta la spinta agli studi sulla materia, alcuni dei quali di grande rilevanza, al di là dell'impatto sul mondo scientifico, come il famoso China Study o il recente documento OMS su “carne e cancro”. Non solo. Oggi termini (e conseguenti contenuti) come nutrigenomica ed epigenetica fanno sempre più parte dello scibile medico e delle relazioni ai congressi: da esse nascerà forse la nuova “tailored medicine”.
Per quanto riguarda quelli negativi, va ricordato il rischio, grave, della banalizzazione della scienza e la sua commercializzazione.
Il nutrizionismo
È evidente che, con tutto il rispetto con i gastronomi e gli chef, che del resto fanno parte della nostra organizzazione a buon titolo, non è certo pensabile di lasciare a settori non medico-biologici qualificati la responsabilità dell'educazione alla salute e tanto più della Terapia nutrizionale.
Difficile è stabilire se è il nutrizionismo a dovere essere inteso come una branca della gastronomia o l'esatto contrario. Risolvere questo dilemma è, nel campo della comunicazione, decisivo.
In attesa di come si evolverà la materia, posso solo affermare che senza una prospettiva gastronomica la scienza dall'alimentazione non è in grado di offrire la soluzione dei problemi del mondo contemporaneo in fatto di cibo. Uno studio articolato della Nutrizione non può prescindere dall'apporto fornito dalla storia e dall'antropologia, dallo studio dei saperi tradizionali in una visione gastronomica. Il nutrizionismo non deve servire solamente alla correzione degli effetti provocati dal modello agroalimentare imperante: sarebbe un errore e genererebbe altri problemi intrecciandosi con la tempesta mediatica che lo sorregge e alimenta.
La gastronomia quindi è medicina o una sua potente alleata nella misura in cui, da scienza complessa qual è, ci può insegnare una corretta Alimentazione e i suoi valori: la varietà, la qualità, il piacere, la moderazione. L'alleanza tra scienza medica e saperi tradizionali non può che giovare alla causa della salute.