In inglese la chiamano “craving”. È la voglia incontenibile, il desiderio fuori orario e fuori controllo di qualcosa.
Di solito oggetto di questo irrefrenabile appetito sono i carboidrati e, più specificatamente, i dolci.
Quanti di noi, soprattutto donne, non l’hanno mai provato? Si fa sentire un paio d’ore dopo il pranzo. Siamo seduti davanti al computer, già impegnati in una dura lotta contro la sonnolenza post-prandiale, ed eccolo che arriva. Subdolo, si insinua lentamente e gradualmente, per poi esplodere all’improvviso. Inutili tutti i nostri tentativi di razionalizzarlo.
“Ma come? Ho appena finito di mangiare!”. Altrettanto inutili gli stoici tentativi di resistere. Dopo cinque minuti ci siamo già alzati dalla sedia. Direzione: frigorifero o macchinetta degli snack.
Un fenomeno che coinvolge molti, uomini e donne, giovani e anziani. Per molti, l’unica soluzione è il dolcetto. Ma le alternative ci sono, e sono ben più salutari.
Perché la famigerata dolce voglia ci assale?
La spiegazione è semplice: il livello di Zuccheri nel Sangue cala improvvisamente, dopo essere altrettanto repentinamente salito durante un pasto ricco di alimenti ad alto indice glicemico. Le nostre tavole sono stracolme di alimenti che hanno la capacità di far salire rapidamente e improvvisamente la concentrazione di zuccheri nel circolo ematico: pasta, riso e farine raffinati in primis, ma anche dolci industriali, frutta molto dolce (banane, uva) e, tra gli ortaggi, patate e carote.
È evidente che la pasta, alimento base della dieta mediterranea, è tra i principali colpevoli.
Allora, che fare?
La soluzione ci viene dal mondo dell’alimentazione consapevole: prediligere i cibi a basso indice glicemico e ricchi di fibre.
Queste ultime, infatti, rallentano la velocità di assorbimento a livello intestinale, determinando un rilascio graduale degli zuccheri nel sangue. Così, oltre a scongiurare il rischio di sbalzi glicemici, si prolunga il senso di sazietà, con ovvi benefici sulla silhouette.
E allora, via libera a tutti i carboidrati (cereali, pasta, farine) purché non raffinati, e a legumi, verdure, yogurt (non zuccherato), frutta secca e frutta fresca poco dolce, come mele e pesche.
Preferire l’integrale al raffinato è una scelta vincente anche dal punto di vista dei nutrienti: l’alimento integrale è infatti ricco, oltre che di fibre, di proteine, vitamine e sali minerali, che sono carenti o assenti nel prodotto raffinato. Per non parlare del maggiore appagamento a livello di gusto: una volta disabituato il palato al sapore del raffinato, non sarà difficile apprezzare il sapore più autentico, ricco e corposo dell’alimento veramente completo.
Ma se proprio non riusciamo ad abbandonare l’abitudine alla pasta “bianca”, almeno non mangiamola “in bianco”. Infatti, grassi e proteine associati ai Carboidrati ne rallentano l’assorbimento e quindi svolgono un ruolo analogo a quello delle fibre, riducendo lo sbalzo glicemico.
Ecco allora che crolla il mito del riso bianco quale primo piatto leggero e sano, tanto da consigliarsi in caso di malattia e convalescenza. Perché non faccia schizzare la glicemia alle stelle, è molto meglio condirlo e aggiungerci qualche cucchiaiata di piselli. E tra i diversi tipi di pasta, preferiamo gli spaghetti: pare che abbiano in assoluto l’indice glicemico più basso.
Se nella maggior parte dei casi questi piccoli accorgimenti sono sufficienti a evitare eventuali sgraditi brontolii pomeridiani, in altri casi può essere necessario un aiuto in più.
A volte, la fame di dolci post-prandiale è indice di un iniziale scompenso nel metabolismo del glucosio che, se trascurato, può portare a diabete di secondo tipo.
In questo caso, oltre a tutti gli accorgimenti visti sopra, è molto importante evitare il digiuno e i lunghi intervalli tra un pasto e l’altro, che contribuiscono ad acuire gli sbalzi glicemici. Inoltre, può essere utile integrare con un fitoderivato, il macerato glicerico di Gelso (Morus Alba), che agisce favorevolmente proprio sulla funzione fisiologica del metabolismo glucidico ad opera del pancreas. Come tutti i gemmoderivati, il Gelso non presenta effetti collaterali né interazioni con eventuali farmaci.
Vera e propria dipendenza?
In altri casi, la smodata voglia di dolci, specie se abituale, è espressione di una vera e propria dipendenza, che può affondare le sue radici in un’infinità di ragioni di natura psicologica.
Anche in questo caso è possibile intervenire in modo naturale, facendo appello al profumato mondo dell’Aromaterapia.
Gli oli essenziali di Bergamotto e Pompelmo forniscono un valido sostegno per combattere la sgradita dipendenza dal dolce perché agiscono sull’ipotalamo, l’area del cervello deputata al controllo della fame e della sazietà e quindi anche del bisogno di cibo.
È sufficiente diffondere le essenze di Bergamotto o di Pompelmo in casa o nell’ambiente di lavoro per ottenere un effetto benefico su tutti i nostri ritmi, tra cui la fame, la sete, il sonno: le molecole di olio essenziale, inalate dal naso, arrivano direttamente all’ipotalamo dove esplicano la loro azione regolatrice, prima di raggiungere la corteccia cerebrale.
Essendo l’ipotalamo collegato al sistema limbico, esso influisce anche sulle emozioni, gli stati d’animo, l’umore, gli istinti, la sessualità, la creatività.
È evidente allora il duplice beneficio: oltre a regolare l’appetito dal punto di vista fisiologico, le essenze agrumate di Bergamotto e Pompelmo ci regalano serenità e buonumore, che, si sa, sono validissimi antidoti alla fame incontrollata.
Le intolleranze
In altri casi ancora, l’irrefrenabile appetito è conseguenza di problemi di tutt’altra natura, quali l’intolleranza ad uno o più alimenti, infestazioni micotiche come la candida o sindromi da malassorbimento intestinale. Allora, se accorgimenti dietetici e oli essenziali non bastano a spegnere l’insaziabile impulso, è bene concentrarsi sul proprio corpo e imparare ad osservarlo, per cogliere quegli eventuali indizi che ci aiutano a risalire ai fattori più profondi, alle vere cause del problema.
In questo percorso può essere molto utile affidarsi a un buon medico o a un buon naturopata. E qualora ci fosse una delle problematiche viste sopra, sarà lui a consigliarci come intervenire. Anche in questo caso i rimedi naturali ci sono, e sono numerosi.
Ma se le nostre giornate sono particolarmente noiose, se ci sentiamo frustrati a livello professionale, umano ed emozionale, se non abbiamo stimoli, è possibile che la voglia di dolci ci tormenti anche in assenza di altre problematiche psicologiche o fisiologiche.
Niente, infatti, alimenta la fame di carboidrati più della noia, dell’insoddisfazione, della mancanza di stimoli sia intellettuali che fisici.
Allora, se ci ritroviamo a saccheggiare il frigorifero perché in preda alla noia, non dobbiamo far altro che riempire le nostre vite di hobby, di interessi, di passioni.
Fare qualcosa che ci piace, che ci appassiona veramente, specie nelle ore più critiche, è un buon modo per distogliere l’attenzione dal pensiero del cibo, oltre che per essere più sereni e soddisfatti in generale.
Anche l’attività fisica, specie se aerobica e praticata con regolarità, armonizza ed equilibra il bisogno di cibo, stroncando sul nascere qualsiasi insano appetito.
E allora, da domani, un bel piatto di pasta integrale con i legumi a pranzo, qualche essenza profumata diffusa nell’aria nel pomeriggio e una bella corsa al parco dopo il lavoro… e arriveremo a sera senza che il nostro stomaco se ne sia nemmeno accorto.
E anche pancreas, umore e linea ci ringrazieranno. Provare per credere!
A cura della Dott.ssa Elisabetta Torricelli
Specialista in Naturopatia, Aromaterapia,
Intolleranze Alimentari,