La legge Bersani, oltre a far arrabbiare parecchie categorie, ha innescato un'enorme polemica sull'opportunità o meno di vendere i farmaci cosiddetti OTC (dall' inglese 'over the counter', 'sopra il banco') o SOP (cioè senza obbligo di prescrizione) nelle grandi catene di supermercati.
Un primo tentativo di sensibilizzazione verso questo problema si era avuto nel 2005, grazie ad una iniziativa del Codacons che aveva 'installato', in un ipermercato di Roma, una postazione per vendere farmaci senza obbligo di prescrizione sotto lo sguardo vigile ed i consigli di un farmacista presente dietro il banco.
Il passo successivo è stato messo in atto dalla Coop, che si è adoperata per raccogliere le 50.000 firme necessarie per presentare una proposta di legge che prevedesse la vendita dei farmaci OTC nei supermercati, allestendo degli spazi specifici e dedicati esclusivamente a questo tipo di vendita, con l'assistenza obbligatoria di un farmacista e la possibilità di applicare sconti liberi pur evitando vendite straordinarie, tipo 'sottocosto' o promozioni particolari.
La risposta dei farmacisti italiani è stata, come previsto, aspra e polemica. Essi hanno puntato il dito contro questa iniziativa, adducendo, come ragione principale, il rischio di un abuso dei suddetti farmaci, dovuto allo sconto eccessivo che le grandi catene avrebbero praticato.
Le farmacie, hanno replicato, sono distribuite molto bene sul territorio e non c'è quindi bisogno di liberalizzare la vendita dei farmaci da banco. In realtà, il problema serio che sta alla base di queste prese di posizione riguarda l'eventualità di dover dire addio ad una buona fetta di mercato, rappresentata appunto dai farmaci OTC, alla quale, in teoria, i farmacisti potrebbero dover rinunciare.
La legge, invece, ha proprio lo scopo di tutelare non solo la salute, ma anche il portafoglio del cittadino. Si parla infatti di uno sconto perfino del 40% rispetto ai prezzi praticati in farmacia.
In verità, i farmacisti non hanno molto da temere. È vero che la fetta di mercato rappresentata dagli OTC è grossa, ma è pur vero che, a rigor di logica, nessuno si recherebbe all'ipermercato, che solitamente è posto fuori dalla città, per comprare un'aspirina e risparmiare qualche euro a fronte dei soldi che dovrebbe spendere di benzina per arrivarci.
Cioè, il consumatore che comprerebbe i farmaci al supermercato sarebbe quello che si trova ad andarci per la spesa settimanale. Di sicuro, il paziente che ha bisogno di un Analgesico o di un antidiarroico scenderà alla farmacia sotto casa, come ha sempre fatto. Inoltre, non va dimenticato che la vendita dei farmaci con prescrizione obbligatoria resterà appannaggio delle farmacie.
Anche la certezza di avere a disposizione un farmacista che consiglia il paziente-consumatore sul tipo di farmaco da assumere o da evitare è un punto fermo della legge ed è ciò che rendere sicura la vendita dei farmaci nel supermercato, lontano dallo spettro dell'abuso. Inoltre, questo dà la possibilità a tanti neolaureati in farmacia, che non hanno avuto la fortuna di avere una farmacia di famiglia già ben avviata, di poter lavorare comunque. E non è poco.
Un'ultima riflessione va fatta però a proposito dei cosiddetti farmaci generici. Pur essendocene molti, i consumatori restano 'affezionati' a quelli di marca. Eppure, in alcuni casi, il farmaco generico costa la metà di quello 'griffato', pur avendo lo stesso principio attivo e la stessa, identica efficacia. Succederà così anche per i farmaci OTC venduti all'ipermercato?
Proveremo l'innovazione, ed il brivido, di comprarli al supermercato, oppure resteremo affezionati al vecchio farmacista che ci conosce da bambini e che non ci sentiamo di tradire? Chi può dirlo? Le somme verranno tirate tra qualche anno, quando la distribuzione sarà a pieno regime e la polemica scoppierà di nuovo, velenosa.