È ormai ampliamente riconosciuto che la balbuzie sia un fenomeno esistente già dell’antichità presso tutti i popoli di ogni parte del mondo. In quest’articolo approfondiremo cos’è la balbuzie, come viene classificata, quando insorge ed i suoi fattori di rischio.
Il problema della balbuzie
La balbuzie è un disturbo della fluenza verbale con esordio nell’età infantile (2-6 anni). Un eloquio è considerato fluente quando non vi è la presenza di sforzi e tensioni nel parlare ed è inoltre regolare nel ritmo, nella velocità e nella prosodia.
La forma più diffusa di balbuzie è quella evolutiva con esordio nella prima infanzia. Più raramente possono insorgere altri disturbi della fluenza verbale acquisiti invece in età adulta, come:
- la balbuzie neurogena: causata da una lesione a carico del sistema nervoso a cui consegue un’alterazione della normale fluenza dell’eloquio;
- la balbuzie psicogena: un’altra forma secondaria di balbuzie a esordio tardivo che generalmente è successiva a periodi di forti stress emotivi o di eventi traumatici a livello psicologico.
Come si manifesta la balbuzie?
Secondo il DSM-V (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentale) la balbuzie evolutiva può essere caratterizzata dalla seguente sintomatologia verbale primaria:
- Interruzioni nell’eloquio;
- Ripetizioni di suoni, sillabe o parole (ma-ma-ma-mamma);
- Prolungamenti di suoni, sillabe o parole (m_____amma);
- Blocchi udibili o silenti (cioè pause del discorso, sonore o mute);
- Circonlocuzioni (giri di parole per evitare parole temute)
- Parole emesse con eccessiva tensione fisica (visibile e/o udibile).
E sintomatologia NON verbale primaria:
- Segni di tensione muscolare soprattutto a livello del volto;
- Tremori;
- Sincinesie o spasmi muscolari (movimenti irregolari e involontari di vari gruppi muscolari, soprattutto di quelli interessati alla fonazione).
L’alterazione della normale fluenza dell’eloquio può essere causa di una sintomatologia secondaria:
- Atteggiamenti di fuga;
- Strategie di evitamento o allontanamento;
- Limitazioni dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale o del rendimento scolastico e lavorativo.
Per tale motivo, la balbuzie rientra nei disturbi della comunicazione secondo il DSM-V. È fondamentale precisare che questo disturbo non è attribuibile a deficit motori- sensoriali, neurologici o ad altra condizione medica.
Come si classificano le balbuzie
In base alla sintomatologia, la balbuzie può essere classificata in forma:
- tonica, nella quale si ha un arresto soprattutto all’inizio della frase con prolungamenti del suono o della sillaba;
- clonica, nella quale l’eloquio è compromesso soprattutto da ripetizioni del suono o della sillaba;
- mista, in cui l’eloquio è maggiormente inficiato dalla compresenza di prolungamenti e ripetizioni.
- palilalica, nella quale l’eloquio è caratterizzato da ripetizioni spasmodiche di sillabe che non hanno alcuna attinenza con le parole che si ha intenzione di pronunciare.
In base alla tipologia e localizzazione anatomica delle contrazioni muscolari, la balbuzie viene distinta in:
- labio-coreica con contrazioni muscolari a livello delle labbra e della lingua con conseguente difficoltà nella pronuncia dei suoni occlusivi bilabiali e dentali: /p/, /b/ e /t/, /d/;
- gutturo-tetanica con spasmi a livello dei muscoli laringei e faringei e difficoltà nella pronuncia dei suoni occlusivi velari: /c/ e /g/.
In base all’età di insorgenza, la balbuzie può essere suddivisa in:
- fisiologica-evolutiva o primaria: insorge molto presto, prima dei 3 anni; è caratterizzata da una minore abilità e rapidità nella coordinazione dei movimenti fonatori e da conseguenti esitazioni transitorie nei primi stadi di apprendimento della parola. Questa forma di balbuzie tende a risolversi spontaneamente nell’età prescolare.
- secondaria: l’alterazione del ritmo, della velocità, della prosodia e fluenza dell’eloquio persiste oltre i 6 anni diventando cronica. Gradualmente il bambino diventa consapevole della sua balbuzie ed incomincia ad avere reazioni emotive ad essa.
- tardiva: questa forma di balbuzie è più rara, insorge tra gli 8 e i 12 anni e determina nel ragazzo estrema preoccupazione per la propria balbuzie e per le conseguenze sociali da essa indotte.
Inoltre, è fondamentale non confondere i sintomi della balbuzie con quelli di un disturbo simile, il cosiddetto cluttering o farfugliamento, un disordine della fluenza verbale caratterizzato da:
- Eloquio troppo veloce e irregolare;
- Presenza di disfluenze non tipiche di balbuzie;
- Scarsa consapevolezza del disturbo;
- Errori nella gestione delle pause;
- Imprecisa articolazione fino alla soppressione di alcune sillabe nel parlato, di conseguenza l’eloquio può essere a tratti incomprensibile
Balbuzie: tutti i fattori di rischio
Diversi autori hanno tentato di identificare gli indici di rischio relativi alla persistenza della balbuzie nel tempo. Di seguito viene riportato un elenco dei possibili fattori implicati:
- Familiarità: la presenza di consanguinei con balbuzie nella linea paterna e/o materna
- Genere: i maschi presentano un maggior rischio di persistenza della balbuzie, mentre nel sesso femminile la remissione avviene più frequentemente e con maggiore rapidità rispetto ai maschi.
- Età di insorgenza: l’esordio tardivo espone a un maggior rischio di persistenza; in particolare, il tasso di remissione maggiore risulta essere in età prescolare.
- Severità e frequenza della balbuzie: i bambini che non mostrano nessun miglioramento nel corso del primo anno successivo alla comparsa della sintomatologia sono quelli più a rischio di persistenza, indipendentemente dal tipo di disfluenza prodotta.
- Durata dell’esordio: se non si ha una remissione della sintomatologia dopo i primi 6 mesi da quando essa è insorta, la balbuzie risulta maggiormente a rischio di persistenza.
Come diagnosticare il problema della balbuzie?
Lo specialista che si occupa del trattamento delle balbuzie è generalmente un esperto in logopedia, specializzato nella valutazione di tutti i disturbi legati alla comunicazione umana.
Oggi, con un intervento tempestivo (subito dopo l’insorgenza del problema), è possibile intervenire sul ripristino della fluidità del linguaggio in una percentuale molto alta di casi, evitando così che diventi cronico.