Sono sempre più numerose le persone che si dedicano alle immersioni subacquee, ma non tutti sono degli esperti di subacquea.
Ci sono, infatti, istruttori appositi che insegnano ai turisti come immergersi e li accompagnano nelle escursioni sottomarine in sicurezza e divertimento. In ogni caso, è bene fare sempre attenzione alla emersione perché il mancato rispetto dei tempi di risalita può provocare seri problemi di salute, che a volte possono rivelarsi addirittura fatali.
EGA: embolia gassosa arteriosa
È la Patologia a cui più spesso si fa riferimento quando di parla di risalite pericolose e troppo veloci da un'immersione. Si tratta del passaggio dell'aria all'interno della circolazione sanguigna, dovuto al fatto che la pressione che grava sul subacqueo può indurre la massa gassosa ad entrare nel sangue, attraverso una distensione maggiore delle pareti degli alveoli e conseguente rottura dei setti alveolari.
Ecco perché è importante, risalendo dalle immersioni, fermarsi ad espirare a determinate profondità prestabilite in modo da diminuire la quantità d'aria presente nel corpo. Questa patologia è più frequente nei subacquei che si immergono con bombole e autorespiratore ad aria e provocata soprattutto da panico nella risalita o da errori tecnici, ma anche da patologie che impediscono l'abbondante fuoriuscita di aria, come l'asma, e da presenza di bolle enfisematose.
Sintomi tipici della EGA sono vertigini, pallore, dispnea e cianosi; e poi ancora insufficienza cardiaca, embolizzazione delle coronarie, shock. In assenza di un pronto soccorso e di terapia iperbarica immediata, la vittima può rischiare arresto cardiaco e morte.
Narcosi da azoto
È stata spesso anche definita 'euforia da azoto' o 'estasi da profondità' e dà sintomi molto simili a quelli da eccesso di alcol. È provocata dall'azoto presente nei respiratori ARA dei subacquei, che, sebbene, non abbia un ruolo negli scambi tra aria e sangue nella respirazione, pur tuttavia influisce sulle funzioni neurologiche.
Non c'è un limite unico di profondità per chi si immerge dopo il quale si può rischiare questa patologia, ma pare che già a 40 metri (anche 50 per i più allenati) si avvertano i primi sintomi: perdita della concentrazione, allucinazioni e
confusione mentale, diminuita percezione di stimoli visivi e uditivi, sensazione di euforia (da cui uno dei nomi), azioni che mettono a repentaglio la vita della persona stessa e perdita di coscienza nei casi più gravi.
Basterà risalire di poco perché i sintomi comincino a scomparire e si possa tornare alla normalità. È quindi chiaro come sia importante immergersi in coppia, in quanto il compagno di un subacqueo colpito da narcosi da azoto è l'unica persona in grado di salvarlo.
MDD: malattia da decompressione
Anche questa, come l'EGA, è una patologia dovuta alla risalita troppo veloce dopo un'immersione, durante la quale la riduzione di pressione fa trasformare l'azoto da liquido in gassoso e lo fa espandere, in questo stato, nel corpo sotto forma di bolle. A provocare questa patologia sono due aspetti ugualmente importanti: la presenza di azoto già esistente nel corpo prima dell'immersione e la decompressione in fase di risalita.
Possono influire anche altri fattori, quali la temperatura dell'acqua, la fatica in fase di risalita, ma anche l'età ed il sesso di chi si immerge, la sua corporatura, l'allenamento. La malattia di manifesta ad alcune ore dall'emersione, solitamente dopo un paio di giorni, e si può presentare con sintomi lievi, quali edemi localizzati, prurito, dolore a muscoli ed articolazioni, oppure in forma più grave con emicrania, tosse, difficoltà nella respirazione, dolore al torace, calo della vista, diminuzione degli stimoli sensori. Anche in questo caso, la terapia è da effettuare in camera iperbarica per eliminare le bolle di azoto formatesi.
I traumi del cranio
Le cavità del cranio (seni paranasali, ma soprattutto orecchie ed apparato uditivo in generale) sono le parti più a rischio durante le immersioni subacquee. Le patologie dovute a traumi che coinvolgono l'Orecchio sono il Barotrauma dell'orecchio medio, dell'orecchio interno, la vertigine alternobarica e il barotrauma in decompressione.
Le quattro patologie sono tutte strettamente legate tra di loro e provocate dalla variazione di pressione sia in immersione che in emersione e durante le fasi di compensazione della pressione. Il barotrauma dell'orecchio medio, infatti, è provocato da un aumento della pressione atmosferica durante la discesa in assenza di una corretta manovra di compensazione.
La pressione esercita una forza sulla membrana timpanica fino a causarne la rottura e sintomi quali vertigini e dolore dovuto all'acqua fredda entrata nell'orecchio. Per evitare questo problema, il subacqueo dovrebbe risalire e riprovare la manovra di compensazione; nel caso questa non riesca, è meglio rinunciare all'immersione.
Il barotrauma dell'orecchio interno coinvolge gli organi più interni dell'apparato uditivo; è dovuta alla introflessione del timpano, causata dalla mancata compensazione della pressione, che, a sua volta, provoca un affossamento della staffa. Se la compensazione poi riesce, invece di apportare un beneficio, questa situazione peggiora il disturbo perché la pressione provoca una distorsione nelle membrane e conseguente lacerazione ed esplosione dei liquidi del labirinto.
La vertigine alternobarica ha invece luogo durante la risalita a causa di squilibri che si vengono a formare tra i due lati dell'orecchio medio, portando a vertigini anche gravi ed ipoacusia. Infine, anche il barotrauma da decompressione si manifesta durante la risalita, momento in cui la pressione diminuisce e può portare ad una espansione di aria già presente nell'orecchio (per esempio a causa di infiammazioni o anche per un semplice raffreddore) provocando seri problemi fino alla lacerazione del timpano.
Tutto questo non deve assolutamente allontanare gli sportivi da un'attività, come le immersioni subacquee, che avvicinano alla natura e a mondi meravigliosi quali quelli sottomarini. L'importante, in questi casi, è essere previdenti, non lasciare nulla al caso e, soprattutto, non pretendere troppo dal proprio corpo.