Nell’anno 596 della nostra èra, Clodoveo I re dei Franchi era disperato perché Leone, il suo paggio preferito, era gravemente ammalato di 'scròfola', una malattia al tempo piuttosto diffusa (oggi riconosciuta di natura tubercolare), ad andamento solitamente benigno, così chiamata perché i suoi noduli gonfiavano il collo facendolo somigliare a quello di una scrofa. Di cure vere e proprie non esistevano.
Una notte apparve a Clodoveo un angelo che gli disse: “Se vuoi che guarisca basta che gli tocchi il collo con le tue mani dicendo: Io ti tocco e Dio ti guarisce”.
S. Tommaso d’Aquino ci fa sapere che, subito dopo 'il toccamento' il suo favorito guarì come d’incanto. La cosa piacque evidentemente ai successori di Clodoveo, i quali - considerando che possedere una tale virtù terapeutica significava accrescere enormemente il proprio prestigio presso i sudditi (peraltro già certi della sovraumanità regale), assunsero immediatamente ben volentieri un attributo del genere, tanto che alla fine ci credettero pure loro.
Del resto le remissioni spontanee non erano infrequenti e il popolino le ascriveva automaticamente al magico tocco reale. Così, la fama di Filippo I e Luigi VI quali infallibili guaritori tattili dalla scrofola fu tale che la malattia venne da allora anche chiamata morbus regius. E a Luigi XI, più noto come San Luigi, la cosa piacque a tal punto che egli divenne uno dei più munifici dispensatori del toccamento, che era solito praticare durante un ricco cerimoniale: “Il Re, dopo essersi preparato con digiuni e preghiere, riceveva i malati che sfilavano dinanzi a lui che - solennemente paludato, poneva le due dita sulla parte malata facendo il segno della Santa Croce”.
Cinquecento anni dopo anche i reali inglesi si resero finalmente conto che da una tale attività non potevano che trarne prestigio ed immagine: così, re Edoardo il Confessore, che aveva 'guarito' una donna scrofolosa facendo ripetuti segni di croce sui bubboni, nel 1042 introdusse anche in Inghilterra la pratica del 'toccamento reale'. Fu Enrico II ad inaugurare, per il rito della guarigione, un complicato cerimoniale ecclesiastico.
Carlo II non sarà da meno dei suoi predecessori: poco tempo dopo la sua ascesa al trono aveva già 'toccato' 23.000 pazienti, procedendo poi al ritmo di 3.000 all’anno. Si calcola che nella sua vita abbia 'toccato' non meno di 100.000 malati di scrofola. E i medici?
I medici ci credevano anche loro. Il celebre John Gaddesden, ad esempio, il medico inglese più famoso del XIV secolo, nel capitolo del suo libro Rosa medicinae (1314) riguardante le scrofole, dopo aver fatto alcune prescrizioni dietetiche e medicamentose aggiunge: “E se queste non sono sufficienti, si vada dal Re, il quale tocchi e benedica”.
E Richard Wiseman, chirurgo di Carlo II, a proposito del trattamento della scrofola riconosce nel suo Trattato “la debolezza della nostra capacità se messa a confronto con quella di Sua Maestà, la quale guarisce in un anno più persone che i nostri chirurghi di Londra in un lungo periodo di tempo” .
La pratica del toccamento reale continuò ininterrottamente sino al XVIII secolo. Luigi XIV di Francia, il Re Sole, persino sul letto di morte ricevette 1.700 malati di scrofola. E nel 1775 Luigi XVI ne toccò, in occasione della sua incoronazione, ben 2.400.
Ma non fu l’ultimo. Sempre per l’incoronazione, re Carlo X di Francia toccò (siamo già nel 1824!) 121 malati che gli furono presentati da due autorevoli medici di Corte.
A praticare l’ultimo toccamento fu re Guglielmo d’Inghilterra che - bontà sua, lo considerava apertamente 'una sciocca superstizione'. E dopo aver toccato l’ultimo paziente, contravvenne alla formula tradizionale pronunciando queste parole: “Dio ti guarisca, ti conceda maggiore salute ma ancor più discernimento”.
Fonte:
Marc Bloch: Les rois thaumaturges. Ed. Max Leclerc, Parigi 1961.