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Malpighi ed i capillari

Divenuto famoso come medico e scienziato, Marcello Malpighi è considerato lo scopritore dei capillari sanguigni.

Per millenni si era creduto che il sangue fosse prodotto dal fegato (!), e che dopo aver irrorato i tessuti venisse distrutto.

Fino a quando, poco dopo l’inizio del 1600, il medico inglese William Harvey non fece un ragionamento quantomai icastico: se il Sangue venisse davvero distrutto di continuo, nelle 24 ore dovrebbero esserne prodotti diversi vari ettolitri.

Il che suonava già di per sé inverosimile. Dopo laboriose esperienze sugli animali, capì che il sangue non viene distrutto, bensì (diremmo) oggi - riciclato.

In altre parole, esso 'circola' in modo continuo: dopo essere stato pompato dal cuore, viene immesso nel sistema arterioso, che percorre sino alle ultime diramazioni; qui  fuoriesce momentaneamente disperdendosi in piccole lacune (porositates) cedendo il suo Ossigeno ai tessuti, indi rientra nel sistema venoso e ritorna al Cuore attraverso il sistema venoso.

Una vera 'scoperta epocale' rispetto a quanto per millenni si era creduto sui 'movimenti'  del sangue. Tuttavia, secondo questa dottrina l’albero arterioso e quello venoso non si continuavano direttamente l’uno nell’altro, in quanto perdevano contatto tra di loro data l’esistenza intermedia di quelle ipotetiche piccole 'lacune' tissutali.

In altre parole, la 'circolazione' non avveniva secondo un 'circolo chiuso' continuo, bensì in un 'anello' discontinuo, privo di ...castone. Si potrebbe quasi dire: una circolazione...non perfettamente circolare.

A chiarire finalmente il problema pensò una quarantina d’anni dopo un medico - Marcello Malpighi - nato a Crevalcore (tra Modena e Bologna), per ironia della sorte proprio in quel 1628 in cui Harvey aveva presentato la 'scoperta' della circolazione del sangue al re Carlo I d’Inghilterra (poi decapitato).

Malpighi divenne presto famoso sia come medico che come scienziato, e poco più che trentenne, dopo lunghi e ingegnosi esperimenti effettuati nella rana, riuscì a visualizzare al microscopio - tra le sottilissime terminazioni delle arterie (arterìole) e l’origine delle piccolissime vene (vénule) - l’esistenza di minuscoli condotti (del diametro di pochi micron, cioè di millesimi di millimetro!) attraverso i quali il sangue passa direttamente dalle arterie alle vene.

E li chiamò capillari. Erano quindi questi il 'punto di giunzione' tra 'alberi' arterioso e venoso; il 'castone' che rendeva continuo il circolo.

In altre parole, una volta giunto alla periferia estrema dell’albero arterioso, il sangue non si disperde nelle ipotetiche 'porosità' ma continua il suo corso nei i capillari, attraverso le cui sottili pareti l’ossigeno si trasferisce nei tessuti; indi il sangue imbocca le venule e viene convogliato al cuore.

Una dottrina così rivoluzionaria incontrò tuttavia aspre opposizioni nell’establishment medico tant’è che Malpighi dovette per qualche anno 'migrare' all’Università di Messina, cercando di ignorare  gli avversari e di considerarli "come somiglianti a cani che si debbano lasciar a lor posta abbajare”.

Ma nemmeno nella pace del Vaticano, dopo essere  divenuto archiatra del papa Innocenzo XII, riuscì mai a dimenticare quella brutta sera del 1689 quando venne assalito nella sua villa di Corticella da due irriducibili colleghi, accecati dall’astio e dall’invidia: con l’aiuto di alcuni malfattori l’avevano ingiuriato, percosso brutalmente e fatto scempio di ogni cosa. Evidentemente, non avevano perdonato 'di aver scoperto i capillari' a colui che pur veniva considerato come 'il Galilei della Medicina'.

 

A cura di:

Luciano Sterpellone - Patologo clinico e storico della medicina

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Ultimo aggiornamento: 02 Aprile 2015
4 minuti di lettura

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