La Colestasi intraepatica gravidica (CIG) è una complicanza gravidica assai frequente (1-10 ogni 10.000 gravidanze). Frequentemente si ripresenta in gravidanze successive o se la donna assume contraccettivi. Clinicamente compare quasi sempre nel terzo trimestre della gravidanza. Il primo sintomo accusato dalla paziente è il prurito, che può rimanere anche l’unico sintomo o, più spesso, essere seguito, dopo una o due settimane, da subittero o da ittero. Si ha inoltre un netto aumento dei Sali biliari nel sangue ed un aumento della bilirubinemia, che generalmente non supera i 6 mg/dl, con prevalenza della quota coniugata (diretta); la fosfatasi alcalina totale aumenta in modo più spiccato di quanto avviene fisiologicamente in gravidanza, ma il suo significato deve essere comprovato dal dosaggio dell’isoenzima epatico. Anche le aminotransferasi aumentano sebbene moderatamente nell’80-90% delle pazienti. Non si ha invece un aumento rilevante della g-GT, probabilmente per interferenza, non sappiamo se fisiopatogenetica o laboratoristica, esercitata da ormoni sessuali femminili . Per quanto riguarda l’esito della gravidanza, si ha frequentemente parto prematuro e/o sofferenza fetale, che può imporre l’esecuzione di un parto cesareo. Nella madre si ha frequentemente emorragia uterina, specialmente se vi è stata una coagulazione intravascolare disseminata, come si ha frequentemente nelle complicanze gravidiche, e/o non si è somministrata vitamina K per via parenterale. La terapia più efficace è quella con UDCA, che non solo riduce la colestasi, ma ha un’azione positiva anche sul feto, in quanto tende a riportare verso la norma il pattern dei sali biliari. Tuttavia, la terapia con UDCA non sempre risulta sufficiente: in questi casi, o quando il prurito sia molto intenso, si associa la colestiramina , resina a scambio ionico che diminuisce il riassorbimento intestinale dei sali biliari. Va comunque ricordato che questa sostanza riduce anche l’assorbimento di altri farmaci e delle vitamine liposolubili. La CIG scompare nell’àmbito delle prime due settimane dopo il parto e regredisce nella stragrande maggioranza dei casi a parto avvenuto.
Tale malattia, che colpisce, considerando anche le forme più lievi, all’incirca l’1% delle donne in gravidanza. Non esistono specifiche cure preventive, ma è possibile cercare di evitarne la comparsa seguendo alcune precauzioni nell’alimentazione; è importante escludere dalla dieta i cibi fritti, i grassi animali, il caffè, il tè e l’alcol.
Le vitamine del gruppo “B” rappresentano un valido aiuto per il buon funzionamento del fegato, così come il riposo. È necessario infine, che verso la fine del secondo trimestre vengano più volte ripetuti gli esami del fegato: transaminasi e bilirubinemia. Per stabilire il grado di accrescimento del bambino e il suo stato di salute saranno utili ecografie e flussometrie ripetute ogni 3 – settimane negli ultimi tre mesi di gravidanza. Con queste semplici regole di comportamento e questi controlli medici è senz’altro possibile ridurre sensibilmente le probabilità che la colestasi gravidica si presenti in modo importante o che possa provocare rallentamenti nello sviluppo del bambino. E' quindi utile un attento monitoraggio del feto ed una precoce risoluzione della gravidanza (parto precoce) al primo segno di "problemi" fetali.