La Colestasi intraepatica gravidica è una complicanza gravidica assai frequente: la sua incidenza, nelle diverse casistiche, varia tra 1 e 10:10.000. Questa differenza può essere almeno in parte dovuta alla diversità dei criteri diagnostici: se cioè questa diagnosi viene posta anche in donne che presentano solo prurito, o solo in quelle che manifestano una situazione clinica di colestasi più conclamata. Essa frequentemente si ripresenta in gravidanze successive o se la donna assume contraccettivi; Clinicamente, compare quasi sempre nel terzo trimestre della gravidanza. Il primo sintomo accusato dalla paziente è il prurito, che può rimanere l’unico sintomo o, più spesso, essere seguito, dopo una o due settimane, da subittero o da ittero. Per quanto riguarda l’esito della gravidanza, si ha frequentemente parto prematuro e/o sofferenza fetale, che può imporre l’esecuzione di un parto cesareo. Nella madre si ha frequentemente emorragia uterina, specialmente se vi è stata una coagulazione intravascolare disseminata, come si ha frequentemente nelle complicanze gravidiche, e/o non si è somministrata vitamina K per via parenterale. La terapia più efficace è quella con UDCA, che non solo riduce la colestasi, ma ha un’azione positiva anche sul feto, in quanto tende a riportare verso la norma il pattern dei sali biliari. Tuttavia, la terapia con UDCA non sempre risulta sufficiente: in questi casi, o quando il prurito sia molto intenso, si associa la colestiramina, resina a scambio ionico che diminuisce il riassorbimento intestinale dei sali biliari. La colestasi gravidica scompare nell’ambito delle prime due settimane dopo il parto.