Paziente maschio di 55 anni, con pregresso (15 anni fa) infarto miocardico severo che ha colpito la zona postero inferiore del
Ventricolo sinistro e che è passato, nel tempo, a una progressiva dilatazione del ventricolo sinistro e da una frazione di eiezione dal 50% (post evento) al 20% (attuale). A seguito di un paio di episodi di pericolosissima fibrillazione ventricolare/tachicardia gli è stato impiantato un defibrillatore-pace maker da una decina d'anni che, negli ultimi tre mesi, purtroppo, è entrato in funzione una ventina di volte, anche se ogni volta non ha provocato shock ma solo un leggero mancamento o, addirittura, la sua entrata in funzione non è stata quasi nemmeno percepita. Abbiamo recentemente scoperto, attoniti, che il paziente non ha mai eseguito la
Terapia prescritta (ACE inibitori, betabloccanti, diuretici, vivinc, antiaritmici, ecc.) nelle dosi indicate, ma le ha diminuite, persino dimezzate, spesso addirittura "saltando" le pillole, di testa sua senza nulla dire a noi e ai medici, il che ci fa pensare che l'aggravamento possa essere avvenuto in buona parte per questo motivo. Ora, i medici, ad oggi ignari di questo, intendono candidarlo al
Trapianto poichè la loro logica deduzione è che lo scompenso avanzi nonostante le cure farmacologiche. il paziente, avendo capito il suo errore, ma senza volerlo ammettere e comunicare ai medici, ha iniziato a utilizzare la terapia con le dosi prescritte e, fortunatamente, pare convinto a non fare più di testa sua. Pensate che sia 1) possibile 2) probabile, 3) altamente probabile 4) minimamente probabile 5) assolutamente impossibile che il ventricolo e la sua frazione di eiezione attuale del 20% si stabilizzino o addirittura migliorino se assume correttamente la terapia? E' utile un periodo di osservazione per vedere la risposta alla somministrazione corretta della terapia prima di valutare l'inserimento in lista per il trapianto? (Temiamo infatti che il trapianto pur se fosse fattibile, possa avere ripercussioni psicologiche pesantissime sul soggetto, considerata la sua personalità). Il paziente si rifiuta categoricamente di "confessare" ai medici che non ha mai preso correttamente la terapia prescritta e ha proibito a noi familiari di informarli. Che dobbiamo fare? Ci rendiamo conto che non Vi è certamente possibile fornirci una risposta "esatta" ma vi preghiamo di fornircene una il più dettagliato possibile. Per inciso, nonstante questa ridotta frazione di eiezione, la qualità di vita del paziente, a suo stesso giudizio, è più che accettabile. Quindi, e scusateci se ci ripetiamo, ma è importante, c'è una possibilità, anche remota, che con l'assunzione della corretta terapia il tutto si stabilizzi o, addirittura, migliori, anche solo leggermente? I sintomi che presenta attualmente sono: una facile affaticabilità (ma svolge anche una professione molto stressante e con compiti di grande responsabilità), dispnea solo sotto sforzo (non a riposo) e nessun edema. Esteriormente, sembra persino assurdo, è l'immagine della salute: colorito costantemente roseo e scarsissima sensibilità al freddo (gli arti sono sempre molto caldi, anche nella stagione fredda, come se la circolazione, anche periferica, funzionasse più che a dovere. Vi preghiamo di scusarci se siamo stati prolissi. Grazie per la risposta. Attendiamo con grande interesse il Vostro parere.