Mia madre di anni 86 è stata ricoverata in reparto cardiologia dal 10.3.2017 fino al 1.4.2017. Alle dimissioni con la seguente diagnosi: cardiopatia ischemica. Infarto miocardico acuto senza persistente sopralivellamento del tratto st a sede non determinabile. Fibrillazione atriale parossistica. Cardiopatia ipertensiva ad evoluzione ipocinetica (fe 42%). Insufficienza mitralica moderata. Sepsi urinaria sostenuta da escherichia coli. Anamnesi: Insufficienza renale cronica; epilessia vascolare; pregressa angina abdominis (20.12.2015); piastrinopenia. Non storia di arteriopatia periferica sintomatica/asintomatica. Non storia di intolleranze farmacologiche e di allergie.
Altre indicazioni in dimissione: L'EGA in aria ambiente effettuato in dimissione non ha evidenziato la necessità di OLT. Stabili appaiono le condizioni emodinamiche con sensibile miglioramento dei dati emogasanalitici. Durante la degenza la paziente si è mantenuta asintomatica per angor. L'ecocardiogramma effettuato ha mostrato VS di normali dimensioni con ipertrofia delle pareti, acinesia apicale in toto ed ipocinesia SIV medio-apicale (FE 42%).
Dato il riscontro di manifestazioni di scompenso cardiaco (incremento degli edemi declivi e reperto rantolare polmonare bibasilare) è stata incrementata la terapia diuretica (somministrazione e.v.), da segnalare sepsi delle vie urinarie trattata con Imipinem. Rischio clinico trombotico: medio, altro. Terapia per casa modificata e ridotta nel tempo per ipotensione e bradicardia adesso è: TRIATEC 5 (1/2 ore 8:00), CONGESCOR 1,25 (1 ore 8:00), DERMATRANS 10 (1 cerotto dalle 8:00 ALLE 22:00), CARDIOASPIRINA (1 a pranzo), LASIX 25 (1 ore 11:00), MATEVER 250 (1 ore 8:00 e 1 ore 20:00), PEPTAZOL 40 (1 al mattino).
Dalle dimissioni ho notato un aumento del deficit cognitivo e nei movimenti, non riesce ad alimentarsi da sola, le mani sono completamente ferme, difficilmente riesce a formare una frase completa. L'anno scorso, nel mese di marzo, la situazione era quasi simile, e la neurologa ha prescritto una terapia con Deltacortene prima da 25 poi ridotto fino a mezza da 5 con ottimi risultati anche con la dose minima e quando veniva sospesa, mia madre si bloccava di nuovo. Pertanto, dopo svariate prove, fino al momento dell'infarto, assumeva mezza deltacortene 5 al mattino. Adesso da dieci gg circa, su consiglio del cardiologo, e viste le condizioni, ha ripreso con 1 compressa da 5, nei primi tre gg con qualche risultato, ma adesso con una situazione motoria e cognitiva pessima. La mancata risposta al cortisone è dovuta al peggioramento delle condizioni dovute all'infarto, e la bradicardia ancora insistente? Oppure conviene riprovare una terapia di attacco (1 da 25 x 1 sett e poi scalare gradatamente). Dopo un infarto è pericoloso l'assunzione di deltacortene?
Buongiorno caro Signore comprendo le preoccupazioni per la situazione clinica della sua cara mamma che presenta una severa fragilità data da una polipatologia intricata da una politrapia. Non comprendo il motivo del trattamento col Matever (antiepilettico) somministrato a dosi massicce (in paziente con insuff renale!!). Se non esistono i presupposti io ridurrei (o sospenderei!) questo farmaco responsabile di disturbi nervosi centrali con sonnolenza ecc.