sicuramente un paziente che ha già avuto un infarto è a rischio di altri eventi coronarici; questo rischio si può ridurre sia con “comportamenti” adeguati (non fumare, alimentazione con pochi grassi animali, fare attività fisica regolare, non essere in soprappeso) sia con farmaci attivi sulla prevenzione “secondaria” (antiaggreganti pistrinici, ACEinibitore, statina, betabloccante). Se si fa bene tutto questo, il rischio diminuisce sensibilmente, anche se non si azzera mai. Inoltre avere una disfunzione ventricolare , anche se solo moderata e non grave (EF 42%) dà anche un rischio di evolvere verso l’insufficienza cardiaca (anche in questo senso, ACEinibitori e betabloccanti sopno utili). Quanto agli stent, sono “terapeutici” perché ripristinano una normale circolazione coronaria, e non sono di per se un rischio; diverso è dire che – soprattutto subito dopo l’impianto – c’è un rischio di occlusione, acuta (trombosi) o cronica (restenosi); questo rischio si riduce usando una “doppia” antiaggregazione piastrinica (di solito aspirina e PLAVIX). In particolare, avendo gli stent medicati (che hanno minore rischio di restenosi, ma maggiore di trombosi, è necessario usare il PLAVIX molto a lungo, almeno un anno, ma forse anche di più.