Le domande che lei ci rivolge possono essere esaudite soltanto in parte, poiché è necessaria una maggiore conoscenza dei suoi dati clinici per essere maggiormente completi nel risponderle. La prima domanda che lei ci rivolge è relativa alla possibilità che attraverso la emotrasfusione avvenuta nel 1984 si sia potuto contagiare col virus dell’epatite C. E’ possibile che si sia contagiato a quell’epoca, poiché allora non era conosciuto il virus C, scoperto 5 anni più tardi, nel 1989. Pertanto, a quell’epoca non vi era alcuna possibilità di fare screening per eliminare sangue da donare infetto da virus C; in effetti molte persone emotrasfuse intorno a quegli anni sono state contagiate in questo modo. Subito dopo l’operazione di by-pass, eseguito nel 1984, non vi era ancora il test per HCV e quindi non poteva certo essere rilevato, né, verosimilmente, l’infezione dava segni di sé, essendo molto spesso asintomatica per un periodo variabile di tempo. Il fatto che, poi, tuttora il test per HCV risulti a volte positivo, a volte no, dipende, prima di tutto da quale test lei stia utilizzando (anti-HCV, HCV-RNA qualitativo, HCV-RNa quantitativo) trattandosi di differenti test con diversa sensibilità. E’ possibile inoltre che si tratti di una infezione a bassa carica virale tale per cui in alcuni momenti ci siano così pochi virus che il test non riesce a rilevarli. Le cure disponibili per l’epatite da HCV contano ormai più di 15 anni di esperienza. Esse vengono prese in considerazione quando vi siano segni di danno epatico e non soltanto quando vi è l’infezione senza segni di danno epatico. Attualmente le terapia prevede l’uso di un interferone pugilato in monosomministrazione settimanale associato alla ribavirina per un periodo variabile tra i 6 mesi ed i 12 mesi, a seconda del genotipo di HCV responsabile dell’infezione.