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A Roma si studia la Cyberpsicologia

A Roma si studia la Cyberpsicologia

Il precoce utilizzo delle tecnologie mobili modificando lo sviluppo del nostro cervello e la psicologia deve necessariamente adeguarsi.

'Mobile born', ecco come si chiama la nuova generazione di bambini - dopo i nativi digitali- capaci di smanettare con tablet e smartphone sin da quando sono ancora seduti nel seggiolone.

Secondo uno studio di Common Sense Media, negli Usa il 38% dei bimbi di due anni ha già messo le mani su un dispositivo mobile (nel 2011, la percentuale si fermava al 10%), il 63% dei bambini con meno di otto anni usa smartphone e tablet soprattutto per giocare e un ulteriore 30% invece preferisce usarli per leggere.

Ma la situazione non è circoscritta solo agli Stati Uniti. Da qui la necessità di approfondire gli studi di imaging cerebrale, i quali hanno dimostrato che questa capacità tecnologica che si padroneggia sin da piccolissimi fa sì che il cervello di questa nuova generazione si sviluppi in maniera del tutto particolare.

E se questo avviene è allora necessaria una nuova categoria di specialisti capaci di cogliere eventuali disagi e trovare modi efficaci di intervento. In poche parole è necessario trovare un nuovo modo di fare psicologia.

Dunque non è un caso che le Università inizino ad attrezzarsi e che la Lumsa di Roma sia il primo ateneo italiano ad inaugurare un corso di studi in Cyberpsicologia da cui usciranno i primi 100 cyberspicologi.

Del resto già oggi si parla di dipendenza da Internete chat e social diventano spesso nuove forme di espressione del disagio psichico. Per cui anche il modo di curare questo disagio deve necessariamente cambiare. I mobile born di oggi, infatti, saranno i futuri uomini e donne 'tecno-liquidi' di domani con schemi mentali e categorie di pensiero completamente nuovi e per loro il filtro della tecnologia sarà assolutamente normale.

Ultimo aggiornamento: 11 Giugno 2015
2 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. Giovanni Delogu
Dr. Giovanni Delogu
Specialista in Psicoterapia

È una buona cosa che sia partito il corso di Cyberpsicologia tenuto da Cantelmi, spero sia l’inizio di un adeguamento anche in ambito sanitario.

L’ambulatorio sulla dipendenza da Internet del Policlinico Gemelli di Roma ha riscosso notevole successo, ma solo perché le persone con una dipendenza da internet si rifiutano di presentarsi al SerT (servizi pubblici per le tossicodipendenze) fra i tossicodipendenti, e gli stessi sanitari dei CSM (Centri di Salute Mentale) e dei SerT non trattano casistiche del genere. Provare per credere.

Peraltro, l’essere psicoterapeuti non significa necessariamente essere efficaci in nuove patologie e dipendenze, in particolare quando c’è un gap generazionale importante. Anche gli psicoterapeuti devono aggiornarsi, in particolare sui disturbi legati alla Rete, anche se costa tempo, soldi e fatica.

L’evoluzione tecnologica è inarrestabile, e le nuove generazioni che sono nate con gli smartphone si adatteranno in modo rapidissimo alla Rete, per questo servono delle regole precise sull’uso della Rete, per evitare che un cinquenne inizi anticipatamente a scoprire il corpo femminile su Google immagini (se va bene), o che una quattrenne scopra che è più divertente giocare su Facebook con l’amichetta piuttosto che vedersi di persona e sviluppare quelle strategie comunicative e relazionali indispensabili per star bene in mezzo agli altri.

Servono delle regole in famiglia, ma in una rete dove con pochi click si possono trovare le istruzioni su come costruire una molotov, servono regole, ascolto, vicinanza e spiegazioni ancora più attente. Dare ai figli incondizionatamente tutto quello che vogliono non vuol dire essere dei bravi genitori: vuol dire l’esatto opposto, specie quando si parla di Internet.

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