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All’Italia l'allarmante primato europeo per le malattie del fegato

All’Italia l'allarmante primato europeo per le malattie del fegato

L'Italia è al primo posto per numero di casi di malattie del fegato. L'epatite colpisce oltre un milione di persone.

Convegni, incontri, momenti di svago e soprattutto storie di vita quotidiana e di convivenza con l’epatite raccontate dai pazienti stessi: questi gli ingredienti principali della Giornata Mondiale dell’Epatite, promossa dalla World Hepatitis Alliance (Alleanza Mondiale per le Epatiti), il cui slogan quest’anno è “This is hepatitis…” (Questa è l’epatite…) proprio ad intendere che per prevenire e combattere l’epatite bisogna prima conoscerla.

Già nel 2008, nell’ambito della grande campagna “Sono io il numero 12?”, circa un miliardo di persone è stato raggiunto da interventi di informazione decisamente indispensabili dal momento che una persona su 12 ha l’epatite cronica B o C ma non ne è consapevole.

I numeri sono allarmanti: ogni 30 secondi una persona muore a causa delle epatiti, per un totale di un milione di vittime ogni anno, e circa 500 milioni di individui sono portatori cronici del virus, un numero di dieci volte superiore a quello dei sieropositivi.

Il Presidente dell'Associazione EpaC Onlus, Ivan Gardini, ha dichiarato che “l'Italia detiene il primato europeo per il numero di casi di malattie epatiche: epatiti, cirrosi e tumori al fegato sono la causa di circa 20mila decessi all'anno e si stima che siano oltre 1 milione e 600.000 gli italiani affetti da Epatite C e circa 600.000 i malati di epatite B”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato, in occasione della 63° Assemblea Mondiale della Sanità, che per la prima volta i 193 Stati membri si riuniranno per discutere di una risoluzione che riconosca l’epatite come priorità sanitaria globale e che uniformi le politiche di prevenzione e intervento nei confronti di questa malattia. Ivan Gardini ha definito questa come “una svolta storica” perché se tutti gli Stati accoglieranno la risoluzione Onu si potrebbe fare finalmente fronte comune contro le epatiti.

This is hepatitis…”  vuole diffondere quattro messaggi chiave: proteggiti (conosci quali sono le modalità di trasmissione del Virus e previeni la malattia), fai il test (se pensi di essere a rischio fai il test, è semplice e rapido), vaccinati (se puoi vaccinati contro l’epatite B) e infine curati (nel caso in cui fossi malato abbi fiducia nelle terapie).

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Ultimo aggiornamento: 24 Luglio 2017
3 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. Antonio Ascione
Dr. Antonio Ascione
Specialista in Epatologia

Sulla giornata del 19, ecco l’opinione del Prof. Antonio Ascione, epatologo, attuale Presidente della Mediterranean Association for Study of Liver (MASL) e che ha prodotto numerosi contributi sugli aspetti epidemiologici e socio economici delle malattie croniche del fegato.

 

Qual è il significato di questa giornata internazionale dedicata alle epatiti?

Ritengo che abbia grande importanza parlare dei problemi e farlo, come è logico oggi, in modo globale. Infatti questa giornata organizzata, come sapete, da un organismo di volontariato internazionale, serve a promuovere consapevolezza sull’importanza socio economica delle malattie del fegato. Ovviamente parlarne per un giorno serve a poco. Può servire a modificare lo stato delle cose se poi a questa seguono atti ufficiali in termini di investimenti dei governi, delle Industrie farmaceutiche, in definitiva di coloro che sono in grado di fornire i supporti economici e normativi atti a avviare il processo di risoluzione dei problemi.

Quindi lei dubita che queste manifestazioni siano utili alla causa di migliorare la cura delle malattie del fegato?

Non è esattamente così. Penso che il volontariato sia molto importante, ma che va disciplinato nell’ambito di quelle che sono le conoscenze scientifiche attuali. La mia opinione è che il volontariato deve “pressare” costantemente le autorità, d’intesa con le società scientifiche accreditate, per migliorare gli standard curativi in ogni malattia, anche a seconda del peso socioeconomico che in quella realtà quella patologia rappresenta. Sotto lo stimolo del volontariato, sempre d’intesa con le Società scientifiche (e in Italia abbiamo la grande fortuna che esiste l’AISF), bisogna spingere le autorità ad intervenire con progetti e programmi, soprattutto nel campo della prevenzione.

Quanto pesano sulla mortalità/morbilità nei paesi dell’area mediterranea le malattie del fegato?

Pesano moltissimo. Noi presenteremo a Giugno a Napoli, nel corso del nostro primo congresso, i dati riguardanti tutti i Paesi del Mediterraneo con i relativi tassi di mortalità per cirrosi epatica e tumore del fegato. Sono dati che fanno meditare sulla importanza socioeconomica di questa patologia. Mostreremo una mappa aggiornata paese per paese, dove l’Italia non è messa male. Il nostro Paese è purtroppo messo malissimo nei confronti dei paesi europei dove occupa ancora posizioni alte nella classifica di mortalità per cirrosi epatica.

Le epatiti virali sono ancora la causa più frequente di danno epatico cronico?

Purtroppo sì. Ed è veramente assurdo che ancora oggi non si riesca a prevenire in maniera adeguata queste malattie. In effetti, l’epidemiologia è ben conosciuta, le misure profilattiche anche, ma non si riesce a ridurne in maniera adeguata la comparsa di nuovi casi. Eppure le migliorate condizioni igieniche hanno dato dei vantaggi, ma non nella misura che noi specialisti ci auguriamo. Su questo aspetto bisogna intervenire in modo energico. Ed è su questo punto che le organizzazioni di volontariato devono lavorare. Ma purtroppo ciò non avviene in maniera adeguata. Ci sono associazioni che distribuiscono opuscoli, stampano pubblicazioni, anche scientificamente molto ben fatte ed aggiornatissime, ma spesso con un linguaggio che molte persone non riescono ad utilizzare nella pratica corrente. Io credo molto nel discorso “faccia-a-faccia” e questo lo può fare solo (e sarebbe il suo compito precipuo) il medico di famiglia. La prevenzione, come i cosiddetti “screening” servono se indirizzati all’individuo. Non serve a nulla genericamente dire alle persone “fate le indagini o i test per l’epatite virale”. Non risolve il problema. Ogni tanto si vedono girare campers, punti tenda/gazebo dove si distribuiscono brillanti opuscoli. Tutto questo, ovviamente, è meglio di niente, ma io ho molti dubbi sulla reale efficacia di queste metodologie.

Come partecipa MASL a questo evento?

MASL è un bambino appena nato. Con un gruppo di colleghi della Tunisia, Libia e Marocco abbiamo fondato questa Associazione scientifica che farà il suo debutto sulla scena scientifica internazionale a Napoli nel prossimo giugno. Pertanto noi non abbiamo previsto nessuna manifestazione particolare per ovvi motivi. Tuttavia nel nostro scopo istituzionale c’è anche un lavoro sui territori per poter in questo modo aumentare la consapevolezza di quanto sia importante nel bacino del Mediterraneo il problema della malattie del fegato e delle epatiti virali in particolare.

Cosa fa MASL fuori dalle “giornate” per migliorare gli standard di diagnosi e cura?

MASL è un grande progetto. Nello statuto di MASL c’è come obiettivo principale quello di migliorare la prevenzione delle malattie del fegato, tenuto conto della epidemiologia dell’area mediterranea. Quindi organizzeremo corsi per medici specialisti e non, incontri con le popolazioni, incontri con le autorità locali per implementare programmi di prevenzione. Si tratta di un programma molto ambizioso, potremmo dire quasi di un sogno, ma credo fermamente che MASL ha le energie sufficienti per realizzare questi obiettivi.

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