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BRCA 1 e BRCA 2: i geni che causano il tumore

BRCA 1 e BRCA 2: i geni che causano il tumore

I portatori dell'anomalia del gene BRCA 1 e BRCA 2, come Angelina Jolie, sono maggiormente esposti al rischio di sviluppare un tumore.

Ad aprire il dibattito sull’utilità degli interventi chirurgici preventivi contro il Tumore al seno è stata la star hollywoodiana Angelina Jolie che si è sottoposta ad una doppia mastectomia per ridurre il rischio di ammalarsi di tumore mammario. L’attrice ha spiegato di essersi sottoposta ad un esame genetico per individuare le anomalie al Gene BRCA dopo che sua madre è morta di cancro in età precoce.

L’esame ha dato esito positivo e così la Jolie ha chiesto ai chirurghi di asportarle le mammelle. In questo modo il rischio sarebbe sceso dall’85% al 5%. La sua decisione ha aperto un ampio dibattito in tutto il mondo circa la reale utilità di questi invasivi metodi preventivi e il fronte dei contrari è ricco quanto quello dei favorevoli.

Prima di tutto facciamo un po’ di chiarezza. Il 10% dei casi di tumore al seno sono collegati ad una precisa anomali dei geni BRCA 1 e BRCA 2. Esistono alcuni esami del sangue che indagano sul Dna e sono in grado di dire se si è portatori di questa anomalia genetica e quindi se si è maggiormente a rischio di ammalarsi di tumore al seno BRCA collegato.

Questo esame viene consigliato alle donne con una storia familiare di tumore mammario in età precoce ma ad oggi è molto poco utilizzato e i casi di Mastectomia preventiva sono estremamente rari. La scelta di Angelina Jolie ha certamente favorito l’informazione sui tumori legati al gene BRCA, sull’esistenza dei test genetici e sulle opzioni terapeutiche e chirurgiche possibili. Ma non per tutti gli specialisti la mastectomia preventiva è l’unica possibilità concreta di ridurre il rischio.

L’alternativa consiste nella sorveglianza clinica da effettuarsi con ecografie e mammografie a frequenza ravvicinata. È di questa opinione, ad esempio, Riccardo Masetti direttore del Centro di senologia del Policlinico Gemelli di Roma, che chiarisce come le donne con BRCA mutato possano veder salire il rischio di tumore fino all’85% (mentre nelle donne senza mutazione può arrivare al 12%), ma anche effettuando una mastectomia preventiva il rischio non si azzera completamente perché è estremamente difficile rimuovere completamente le eventuali cellule maligne.

Per questo l’esperto consiglia di prendere in considerazione non solo la mastectomia preventiva, che non è un intervento da prendere con leggerezza, ma anche controlli più accurati e frequenti.

Anche l’oncologo Umberto Veronesi invita a valutare ogni caso singolarmente e a prendere in considerazione l’idea di asportare le mammelle solo se la condizione di rischio genera nella donna un’ansia eccessiva che le rende impossibile condurre una vita serena. In generale, dunque, gli oncologi non consigliano la mastectomia preventiva. O per lo meno non la vedono come unica soluzione. L’importante, concordano all’unanimità, è aver sensibilizzato l’opinione pubblica sulla prevenzione e sulla conoscenza dei fattori di rischio.

E certamente le anomalie ai geni BRCA sono dei fattori di rischio noti. Ma gli esperti sconsigliano di sottoporsi ad interventi di chirurgia preventiva senza prima aver valutato tutte le opzioni.

E il caso recentissimo dell’uomo inglese che ha deciso di farsi asportare la prostata dopo aver scoperto di essere portatore di un’anomalia del gene BRCA e che ha fatto inorridire gran parte degli specialisti. L’uomo ha chiesto insistentemente ai medici di asportare la prostata e alla fine, quando i tessuti sono stati sottoposti a biopsia è emerso che effettivamente erano presenti alcuni tessuti con mutazioni maligne. Nettamente contrario il professor Veronesi che spiega come l’intervento di asportazione della prostata può comportare mille problemi, non ultimo l’impotenza.

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Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio 2017
4 minuti di lettura
Commento del medico
Dr.ssa Fiammetta Trallo
Dr.ssa Fiammetta Trallo
Specialista in Ginecologia e ostetricia

Fiammetta Trallo

La mastectomia profilattica è una scelta coraggiosa ma anche doverosa che una donna è costretta a fare quando storia familiare di cancro mammario e BRCA test sono positivi.

Abbassare il rischio dall’85% al 5% non è cosa da poco e al di là dell’ansia individuale, la 'Spada di Damocle' pende meno sulla testa di chiunque. La quasi totalità degli oncologi che hanno espresso parere negativo sulla scelta della Jolie sono maschi e, quindi, non corrono questo rischio.

Lo screening eco-mammografico è soggetto a falsi negativi e le donne non sono mai tutelate al cento per cento. Uno studio retrospettivo europeo su 1.993 donne portatrici della mutazione (BMJ 2012 Sep) ha evidenziato che in queste donne l'esposizione a radiazioni ionizzanti (mammografia ed RX torace) aumenta il rischio di cancro mammario in quanto i geni BRCA1/2 entrano nel meccanismo riparativo delle rotture del DNA che possono essere causate proprio dalle radiazioni ionizzanti. Per le donne non portatrici della mutazione la mammografia è l’esame migliore per la diagnosi precoce.

Piero Gaglia

Diva giovane e famosa apprende da un test genetico di essere ad alto rischio di incorrere in un carcinoma mammario. Decide di sottoporsi a mastectomia preventiva con ricostruzione protesica. È una scelta razionale, da condividere?

Negli ultimi decenni si è avuta un’evoluzione della chirurgia per tumore, in particolare per il carcinoma della mammella, verso interventi sempre meno demolitivi che unissero un ottimo risultato oncologico (cioè alta percentuale di guarigioni) a risultati funzionali ed estetici che dessero una sempre migliore qualità di vita. Al limite si ipotizza che un domani il cancro potrà essere curato senza ricorso alla chirurgia.

Come si inquadra in questo contesto il ricorso a una 'chirurgia profilattica', cioè a una chirurgia che rimuove un organo che si prevede possa essere colpito in futuro da un tumore, prima che il tumore stesso sia presente?

Premessa: il trattamento conservativo è corretto, la sua efficacia è stata scientificamente dimostrata, per cui le donne operate con tecnica conservativa non devono neppure sospettare di essere curate in modo 'insufficiente'.

L‘indicazione alla chirurgia profilattica, che è praticata da decenni e non solamente per il carcinoma della mammella, si basa per contro su una valutazione del rapporto fra il costo (non costo 'economico', ma il danno fisico e psicologico dell’intervento chirurgico) e il beneficio (riduzione della possibilità di morire per quel determinato cancro). È subito evidente che, mentre il 'danno' chirurgico è di oggi, perciò è sicuro e quantificabile, il 'beneficio' si proietta nel futuro, quindi è solo ipotizzabile e mal quantificabile. Il cosiddetto possibile 'danno' da chirurgia non deve essere mai trascurato. Nello specifico caso in esame, la mortalità legata a una mastectomia è praticamente nulla, ma vi è un concreto rischio, legato a infezioni o intolleranze alle protesi, di decorsi prolungati e di risultati estetici insoddisfacenti. Difficile è valutare il 'beneficio'.

Rimanendo sempre nell’ambito del carcinoma mammario:

a) l’entità del rischio di contrarre un carcinoma in presenza di una specifica mutazione genetica si basa su osservazioni statistiche attuali, le esatte probabilità si potranno modificare nel tempo;

b) il rischio non scende mai a zero dopo una mastectomia bilaterale, perché residuerà sempre un 2-5% di tessuto mammario, non avendo la ghiandola mammaria margini ben definiti;

c) contrarre un carcinoma della mammella già oggi non comporta affatto un esito mortale: in particolare, se la paziente è edotta del suo rischio e si sottopone a controlli periodici regolari, una diagnosi precoce sposta le probabilità di successo di gran lunga a favore della paziente;

d) è sicuro che progressivamente nel tempo, con l’affinarsi delle tecniche diagnostiche e terapeutiche, la mortalità per carcinoma si ridurrà ulteriormente.

Per il carcinoma mammario l’indicazione a una chirurgia profilattica in soggetto privo di tumore è quindi dubbia.

Nel caso in cui sia già presente un tumore mammario, per contro, l’alternativa fra un trattamento conservativo monolaterale (tumorectomia ampia, più linfonodo sentinella con linfoadenectomia ascellare, se del caso, più radioterapia) e un trattamento sia curativo che profilattico (mastectomia bilaterale con ricostruzione protesica più dal lato affetto, linfonodo sentinella con linfoadenectomia ascellare, se del caso) è di sicuro da prendere in seria considerazione.

Per carcinomi di altre sedi deve essere fatto lo stesso tipo di valutazione del rapporto costo/beneficio.

Ad esempio, in una forma di carcinoma ereditario del colon retto - la poliposi adenomatosa familiare, che rappresenta circa l'1% di tutti i carcinomi colo-rettali - i benefici di un’asportazione totale del colon retto sono così elevati che la chirurgia profilattica è il trattamento 'standard', universalmente accettato. Per il carcinoma della prostata, di cui nei media è comparsa la notizia di un intervento di chirurgia profilattica, l’evoluzione naturale del carcinoma prostatico e la severità degli effetti collaterali dell’intervento rendono la chirurgia profilattica, come minimo, molto dubbia.

Il sottoporsi a chirurgia profilattica deve essere una scelta consapevole della paziente e il medico deve fornire una informazione completa, corretta e priva di pregiudizi. Ogni caso clinico è una storia a sé ed entrano in gioco non solo fattori tecnico-oncologici ma anche psicologici come la cancerofobia, la disponibilità a sottoporsi serenamente a rigorosi controlli periodici, il rapporto con la propria immagine corporea, lo stile di vita...

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