Quando sento parlare della malattia di Gilles de la Tourette i pensieri si indirizzano automaticamente su un ricordo infantile.
Nella mia classe alle scuole medie eravamo un gruppetto di soli quattro bambini maschi, a fronte di una trentina di ragazzine, e questo fatto aveva finito per provocare una particolare aggregazione tra noi esponenti del 'sesso forte', cioè un forzato sodalizio difensivo di quattro sparuti maschietti circondati da un esercito di terribili erinni che ad ogni piè sospinto si divertivano a farci sentire degli idioti.
Tra i commilitoni di questa guerra già perduta spiccava un ragazzino piccolo e magrolino, un po' dinoccolato e dalla fisionomia sgraziata, tanto che sin dall'inizio le streghette della classe avevano cominciato ad additarlo quale mostriciattolo poco desiderabile.
Al di là però dei tratti somatici, che a quell'età sono comunque fonte di grandi complessi psicologici vista la goffagine connessa all'incompleto sviluppo puberale, il mio compagno esibiva uno strano comportamento motorio: strizzava continuamente gli occhi, inarcava il collo all'indietro o di lato, accompagnando questi scatti a smorfie complicate, talora eseguiva vere e proprie esplosioni di movimenti con le braccia e con le gambe, senza preavvisi e finalità, come certi soldatini di legno della mia infanzia che erano fatti con pezzettini legati ad un elastico, per cui premendo un pulsante posto alla base e lasciandolo poi andare davano l'impressione di cadere in mille pezzi per poi ricompattarsi in un secondo.
È chiaro che caratteristiche comportamentali così insolite, unite a fattezze non proprio apollinee, avrebbero potuto indurre in un inferno di solitudine e tristezza qualsiasi altro bambino, vista la proverbiale crudeltà di gruppo che i ragazzini di quell'età sanno riservare ai 'diversi'. Ma lui no.
C'era un altro elemento dirompente che faceva di lui un bambino eccezionale: aveva un senso dell'umorismo sovrasviluppato, una capacità innata e quasi sovrannaturale di trovare il buffo nelle cose che lo circondavano e di saperlo esprimere con frasi esilaranti. Certo, spesso le sue battute non venivano colte, talora infarciva le immagini comiche che escogitava con qualche frase di troppo, spesso con parolacce (ma chi non faceva, a quell'età, abuso di gergo da osteria per 'sentirsi grande'?).
Però, insomma, alla fine del triennio non solo non era divenuto un ragazzo evitato o deriso, ma era riuscito a raccogliere un tale affetto da parte della classe da diventare una compagnia ambita anche dalla parte nemica, cioè dalle 'femmine'. Circa 15 anni più tardi, sui libri, rividi il mio amico. Mi salutava, inconsapevole, impaginato in una descrizione della malattia di Gilles de la Tourette.
Mi sarebbe piaciuto andare a ricercare l'originale per dirgli: “ecco perché eri così strano! Eri un malato!”. Poi mi sono ricordato che era sì, molto spiritoso, ma altrettanto permaloso ed irascibile, per cui non avrebbe sicuramente gradito la mia tardiva e importuna inclusione nella sua vita, ammesso che fossi riuscito a trovarlo. Chissà però chi è il neurologo che lo ha in cura... sicuramente prima o poi si sarà rivolto ad un neurologo, vista la clamorosità del suo esprimersi. In questo senso avverto un pizzico di gelosia. Fra l'altro lui è l'unico paziente con questa malattia che abbia mai conosciuto in vita mia.
La Gilles de la Tourette (o tourettismo) è una delle pochissime malattie che ancora tengono unite le discipline neurologica e psichiatrica. Di essa si sa parecchio sul piano molecolare (risparmio ai lettori questi dati tecnici poco emozionanti) ma sono le sue espressioni comportamentali che suscitano molto interesse, perché il tic, cioè la manifestazione principale di questa malattia, è un fenomeno che si riscontra in tantissime persone 'normali' senza che queste ultime manifestino gli altri sintomi, quali i disturbi comportamentali (talvolta all'eloquio eccessivamente volgare, detto coprolalia, si associano aspetti decisamente aggressivi, non rubricabili tra le normali intemperanze di un carattere 'difficile') o addirittura aspetti degenerativi sul piano cognitivo.
Oliver Sacks, il nostro collega scrittore, racconta di un suo paziente tourettiano che sfruttava la propria ipercinesia (cioè l'abbondanza di movimenti connessa ai tics) per suonare la batteria jazz. La malattia si placa un po' assumendo farmaci neurolettici; perciò alla fine di una lunga trattativa medico e paziente addivennero al compromesso di sospendere la somministrazione di neurolettico in prossimità dei concerti, in modo da non perdere lo 'sprint' fornito dalla presenza dei tics durante l'esecuzione di indiavolate 'jam sessions'.
Mi chiedo se anche il mio ex compagno di scuola possa godere ogni tanto della sospensione dei farmaci che gli avranno certamente già prescritto, per concedersi qualche sguaiata risata sul nostro buffo mondo...