Quando si parla di demografia occorre distinguere due variabili fondamentali di una popolazione: l’aspettativa di vita (che rappresenta il numero teorico di anni che un appartenente a quella popolazione possiede al momento della nascita) e l’età media alla morte (che rappresenta la media delle età dei deceduti: in Italia è di 75 anni per gli uomini e di 81 per le donne).
L’uomo, tra tutti i mammiferi, è quello che oggi possiede l’aspettativa di vita più lunga (in Italia 79 anni per i maschi e 84 per le donne), seguito dall’elefante (con circa 70), cifre di molto inferiori a quelle del regno vegetale (basti pensare alle sequoie, che possono arrivare a circa 3000 anni). Non è sempre stato così, però; anzi la situazione attuale è presente da pochissimi anni, se confrontati con il tempo di comparsa dei primi uomini sulla Terra.
La vita media nell’età della pietra viene stimata in circa 15 anni, nel V secolo prima di Cristo (la Grecia di Pericle) era di soli 20 anni e nel periodo della rivoluzione industriale (quindi 2300 anni dopo Pericle) era salita solamente a 30-35 anni. All’inizio del 1900 era di circa 45 anni ed oggi, in un secolo, è stata portata a circa 80 anni. Come è potuto realizzarsi un allungamento così impressionante in uno spazio temporale molto ristretto?
Semplicemente perché sono venuti meno i due fattori principali che minavano la durata media della vita degli esseri umani: la mortalità infantile e le pessime condizioni di vita (comprendendo in questo termine l’alimentazione, l’igiene della popolazione e le guerre). Sulla mortalità infantile si è intervenuti mediante le vaccinazioni, una corretta alimentazione e l’uso degli antibiotici, che hanno permesso di debellare malattie prima mortali.
La scoperta e la sintesi degli antibiotici ha rappresentato indubbiamente la più grossa conquista della medicina di tutti i tempi: pensiamo alle epidemie e alle pandemie che hanno distrutto gran parte del genere umano (la pandemia di peste dal 1347 al 1353 uccise circa un terzo della popolazione europea e metà di quella italiana; quella del 1630 raccontata dal Manzoni non fu meno virulenta) e che si sarebbero evitate se fossero già stati disponibili gli antibiotici.
Il miglioramento delle condizioni sociali, la lotta alla malnutrizione e una migliore igiene della popolazione sono intervenuti come altrettanti fattori importanti nel prolungare la vita degli esseri umani. Le guerre, invece, hanno da sempre afflitto l’umanità, probabilmente fin dai tempi dell’età della pietra.
Agli aspetti positivi del progresso sanitario fa però da contraltare il lato 'oscuro' della situazione demografica: abbiamo migliorato le condizioni igieniche ed abbiamo ridotto (almeno delle nazioni più progredite) la denutrizione, ma per una sorta di assurdo compenso abbiamo sostituito la denutrizione con la malnutrizione, introducendo abitudini alimentari dannose, facendo una corsa sempre più frenetica al mangiare troppo e male, aumentando le malattie dipendenti da alimentazione errata, dimenticando i danni di certi cibi ed introducendo nelle cause di morte malattie gastrointestinali ed epatiche causate dal concetto “mangio e bevo quanto e come più mi piace”.
A questo quadro non certamente edificante abbiamo aggiunto anche i danni derivanti dall’uso di droghe e quelli causati da stili di vita non propriamente corretti. I tumori intestinali ed i tumori epatici ringraziano per l’aiuto che abbiamo loro dato, ed ancora di più ringraziano tutti i tumori e le malattie cardiovascolari dipendenti dal fumo, che può considerarsi oggi, a pieno diritto, il più importante killer dei paesi industrializzati: la peste nera è stata sostituita dal tabacco e dal cibo, mentre la medicina compie sforzi spesso inutili per cercare di combattere quello che noi stessi abbiamo creato.
Si vive più a lungo, certamente, ma si muore innanzitutto per malattie cardiovascolari e in seconda causa per cancro, decessi che potrebbero essere ridotti con l’abbandono di abitudini dannose: se si abolisse il fumo attivo e passivo, si eliminasse l’eccesso di sale e di grassi dall’alimentazione, si riducesse drasticamente l’alcol e si abolissero le droghe, l’aspettativa di vita potrebbe ancora aumentare non poco e si arriverebbe ad una popolazione mondiale in cui l’età media sarebbe molto elevata. Questo sarebbe però una conquista positiva?
Sinceramente non lo so: il corpo umano è una macchina e, come tutte le macchine, va incontro a deterioramento da uso prolungato. Un vecchio tanto più è avanti negli anni e tanto più è soggetto a malattie degenerative, che comportano tutta una serie di enormi problemi assistenziali e di risorse: una popolazione che avesse un’età media superiore ai 70 anni richiederebbe strutture ed assistenze probabilmente impossibili a realizzarsi, sia per il costo sia per l’aspetto logistico.
Quindi, nella storia del genere umano, abbiamo sconfitto molte malattie e abbiamo annullato le principali cause di morte, ma ne abbiamo create altre: abbiamo vinto la peste ma abbiamo scoperto il tabacco, abbiamo ridotto le morti da fame ma abbiamo aumentato le morti da iperalimentazione, abbiamo inventato la prevenzione e poi facciamo di tutto per vanificarla, per interessi economici o per ignoranza, abbiamo abbandonato archi e frecce e li abbiamo sostituiti con le armi chimiche e batteriologiche. Il risultato è che stiamo diventando un mondo di vecchi, ma purtroppo diventiamo anche un mondo di malati.