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Lavoratori pubblici e privati: in pensione i certificati di malattia cartacei

Lavoratori pubblici e privati: in pensione i certificati di malattia cartacei

Nuove procedure per i lavoratori: i certificati medici possono essere compilati e inviati attraverso la rete.

È durato tre mesi il periodo transitorio per l’entrata in vigore dei certificati di malattia digitali e ormai si va a pieno regime con la nuova procedura. Una piccola grande rivoluzione che riguarderà 17,5 milioni di lavoratori dipendenti sia pubblici sia privati, 200mila medici e circa 5 milioni di imprese.

Cosa cambierà per il lavoratore? Il medico acquisirà i dati del paziente – codice fiscale e documento di riconoscimento - e compilerà il certificato online. In questo modo il documento arriverà direttamente all’Inps e non sarà più necessario portarlo a mano né al datore di lavoro né all’Inps.

Altra novità: Diagnosi e dichiarazione di malattia saranno unite, fino a qualche tempo fa il medico forniva al lavoratore due documenti, uno con la Diagnosi e uno con l’attestazione della malattia.

Ufficializzata con una circolare datata 18 marzo 2011, la novità in materia di certificati di malattia, voluta da Renato Brunetta nell’ambito del rinnovamento digitale della pubblica amministrazione, doveva entrare in vigore lo scorso giugno ma a causa di una serie di difficoltà tecniche si è arrivati a ottobre.

I certificati potranno essere scaricati dal sito dell’Inps e la novità riguarda sia i lavoratori del settore pubblico che quello privato e con loro i datori di lavoro che potranno controllare i certificati di malattia solo attraverso la rete.

Silvestro Scotti della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) spiega cosa cambierà nella pratica quotidiana: il medico compilerà il modulo online e fornirà al paziente/lavoratore un numero di protocollo con il quale egli potrà scaricare dal sito dell’Inps il certificato completo. Non sarà più necessario inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno perché anche il datore di lavoro potrà scaricare il certificato dal sito inserendo il numero di protocollo.

Ma se tutto può dirsi ormai avviato presso gli studi medici pubblici e privati (il Ministero rende noto che da aprile a oggi risultano trasmessi in formato digitale circa 15 milioni di certificati medici), non si può dire lo stesso per ospedali, pronto soccorso e guardia medica dove, denunciano le associazioni di categoria, esistono carenze strutturali serie come assenza di connessione a internet o di un accesso a un computer, che impediscono di adeguarsi alle nuove indicazioni.

Adesso la nuova sfida del ministro Brunetta riguarda la ricetta medica digitale. Lo scorso anno un decreto stabilì che la ricetta cartacea andava sostituita con una digitale ma ad oggi nulla è stato concretizzato. Il paziente riceverebbe dal medico un codice per ogni farmaco o esame prescritto e con esso potrà recarsi in farmacia e nel laboratorio di analisi. Sostituire la ricetta cartacea con quella digitale si tradurrebbe in un risparmio di circa 600 milioni di euro l’anno, precisa il ministro Brunetta.

Ultimo aggiornamento: 18 Maggio 2015
3 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. Enzo Brizio
Dr. Enzo Brizio
Medico di Medicina generale

Il riordino della Pubblica Amministrazione, voluto ed attuato dal ministro Brunetta, presenta numerosi aspetti su cui bisognerebbe dilungarsi, ma mancandone il tempo e lo spazio ci limitiamo a considerare l’invio telematico delle notizie riguardanti l’assenza dal lavoro, definito 'certificato telematico'. Indubbiamente si tratta di una grossa novità, che comporta alcuni innegabili vantaggi ma anche evidenti criticità.

Sul versante 'vantaggi', al paziente viene evitato l’invio all’Inps del pezzo di carta comprovante il suo diritto all’assenza dal lavoro per malattia: prima ci si doveva recare alla posta ed effettuare una raccomandata (tempo e costi a carico del lavoratore), oppure, nei casi più fortunati, ci si doveva recare presso uno sportello Inps e consegnare manualmente ad un impiegato il certificato medico.

Adesso questi compiti sono demandati al medico curante che provvede, tramite collegamento telematico con la sede dell’Inps, all’inoltro dei dati del paziente, cui verrà rilasciato un semplice numero di protocollo a testimonianza che l’Inps ha recepito l’invio. Il paziente stesso potrà poi semplicemente comunicare al datore di lavoro, anche solamente per via telefonica, questo numero di protocollo senza specificare altro. Il datore di lavoro si dovrà a sua volta collegare telematicamente con il portale dell’Inps ed accedere alla visione dei dati riguardanti la malattia.

Un ulteriore vantaggio è che tali dati, essendo inviati e recepiti in tempi brevissimi, potranno essere la base per controlli fiscali molto più tempestivi ed efficienti di prima, a tutto vantaggio del lavoratore realmente impossibilitato al lavoro e a tutto detrimento degli assenteisti. Infine, tra gli aspetti positivi non dimentichiamo il risparmio economico che comporta l’attuazione di un processo simile: centinaia di migliaia di euro di stampati e modulistica risparmiati.

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e così anche questa riforma. Innanzitutto, ed è secondo me l’aspetto più critico, quello che nella riforma del ministro viene definito 'certificato telematico' tale non è. Un 'certificato', per possedere valore legale, deve essere firmato dal medico che lo rilascia.

Quindi l’invio telematico, non prevedendo una firma certificata (anzi, non prevedendo alcuna firma), di fatto costituisce un semplice invio di dati personali di cui il medico non può - eventualmente - essere considerato responsabile. Inoltre lo stesso ministro ha elencato una lunga serie di lavoratori pubblici cui l’invio telematico non può essere effettuato in quanto privo di valore legale: tra queste categorie di lavoratori rientrano le forze armate, le forze dell’ordine, i giudici.

La riforma di Brunetta prevede anche che la dichiarazione di malattia venga inviata non solamente dal medico curante, ma da qualsiasi sanitario (libero professionista o dipendente ospedaliero) che constati lo stato di malattia. A tutt’oggi la maggior parte degli ospedali si dicono 'non ancora pronti' ad eseguire l’invio telematico, riversando sulle spalle del medico curante l’incombenza. Faccio presente che la legge Brunetta risale a marzo 2009.

C’è poi da considerare che la capillarizzazione dei collegamenti telematici non è ancora realizzata: ci sono zone dell’Italia non ancora raggiunte dall’Adsl e dalla banda larga, zone in cui i collegamenti sono difficoltosi o addirittura impossibili, zone non servite da telefonia mobile. Il ministro ha assicurato che in tali casi è attivo un call center, cui un medico può telefonare e dettare ad un impiegato i dati personali e sensibili del proprio paziente. Ma di fronte a questa violazione della privacy molti medici si sono rifiutati di accedere al call center e continuano a rilasciare certificati cartacei, creando ulteriore disparità di comportamenti.

A tutto questo aggiungiamo la sentenza del giudice del lavoro di Livorno del 5 agosto scorso, secondo cui “la legge Brunetta viola le norme costituzionali in più punti”, ed abbiamo un quadro più preciso di questa 'rivoluzione telematica'.

Un’ultima considerazione: non sarebbe stato meglio provvedere prima a fornire tutta l’Italia di una rete telematica a banda larga (siamo tra gli ultimi in Europa) e mettere tutti gli operatori sanitari in condizioni di adempiere a questi compiti? Non sarebbe stato meglio controllarne la funzionalità e solamente dopo rendere obbligatorie le procedure telematiche?

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