Parlare di mal di testa è un po' come parlare di febbre: si tratta di un sintomo comunissimo, di cui solo pochi uomini sulla terra non hanno mai avuto esperienza, ma nel cui ambito possono celarsi innumerevoli malattie, alcune gravissime, altre banali, altre non gravi per la sopravvivenza fisica ma nefaste per la qualità della vita.
Insieme alle vertigini e alle improvvise perdite di coscienza, il mal di testa raccoglie la stragrande maggioranza di richieste di consulenza neurologica in pronto soccorso. Se dall'ambito delle emergenze ci spostiamo sulla pratica ambulatoriale, allora il mal di testa diventa quasi il principe dei sintomi cronici, tanto che, come è ormai tendenza consolidata nella medicina moderna, si sono moltiplicati i centri di diagnosi e cura esclusivamente dedicati a questo disturbo.
Appena si penetra un po' nel problema però, il 'mondo del mal di testa' ci appare tutt'altro che omogeneo, tanto da far dubitare della bontà di una specificazione di un settore della medicina derivante esclusivamente da un criterio topografico (cioè accomunato dalla sede del dolore, la testa).
Infatti, anche solo la più superficiale delle disamine ci porta a distinguere cefalee (ovvero, genericamente, mal di testa cronico), emicranie (che sono un gruppo di patologie caratterizzate da un particolare meccanismo di insorgenza, tra l'altro non del tutto chiarito), e nevralgie dei territori innervati dai nervi cranici (principalmente trigemino e glosso-faringeo) o dai nervi della volta cranica.
A tutto ciò si aggiunge, con l'effetto finale di un torbido minestrone, tutta la sintomatologia che i pazienti e, purtroppo, anche molti medici definiscono 'la cervicale', su cui si è imbastita una vera e propria mitologia metropolitana. Alla luce di tutto ciò non desta particolare sorpresa l'articolo riportato sulle dichiarazioni del Presidente della Sisc: 12 milioni di italiani sembrano addirittura una cifra sottostimata.
La corretta impostazione medica del problema rischia però di venire meno se, al di là delle semplificazioni e delle seppur comprensibili enfatizzazioni giornalistiche, non si compiono i dovuti distinguo. Il fatto che l'interazione tra l'ambiente 'difficile' di cui noi uomini ci siamo circondati e l'organismo biologico, ovvero ciò che definiamo genericamente 'stress', comporti l'insorgenza di un dolore alla testa piuttosto che ad altre parti del corpo (e ci sarebbe anche da discutere su questo fatto, l'articolo di domani mattina potrebbe riportare un dato analogo circa i disturbi intestinali o cutanei) risiede nelle peculiarità anatomiche e fisiologiche del capo.
Le relazioni funzionali tra sistemi regolatori neurovegetativi endocrini e infiammatori, relazioni potenti, antiche e altamente interconnesse, trovano nelle aree cefaliche una sorta di magnificazione: ogni stimolo dall'esterno è oggetto di processazione, integrazione con altre informazioni e ridistribuzione nel tempo e nello spazio. La nostra testa è come un'enorme campo ricettivo (mi piace paragonarla ad un biliardino elettrico) in cui il passaggio di innumerevoli stimoli esterni 'accende' continuativamente innumerevoli circuiti interni tra loro collegati e regolati da influenze inibitorie ed eccitatorie.
Siamo di fronte ad una stretta e incessante interconnessione tra sistemi deputati a garantire equilibri funzionali coincidenti: si pensi solo al fatto che il flusso ematico fornito al sistema vascolare encefalico da una singola gittata del cuore viene continuamente ridistribuito durante la nostra attività quotidiana per assicurare sangue al cervello per l'attività nervosa centrale, sangue ai nervi e ai muscoli per le attività masticatorie, espressive e di orientamento visuale e posturale, sangue tra la cute e i muscoli per regolare la termoregolazione e sangue alle mucose per regolare le funzioni escretorie e la risposta infiammatoria.
Come tutti i sistemi complessi, quanto più sono complessi quante più sono le fonti di errore. E infatti, esistono disturbi cronici e/o ricorrenti della regolazione della vascolarizzazione dell'encefalo (globalmente, le emicranie), della regolazione del tono muscolare segmentario (le cefalee muscolo - tensive), della regolazione dell'attività endocrino-microcircolatoria dei tegumenti connettivali e dei sistemi ghiandolari (ad esempio le cefalee catameniali o certe cefalee vasomotorie), della regolazione dell'eccitabilità delle fibre nervose (le nevralgie); una regolazione alterata, anche di un sistema apparentemente integro, è sempre fonte di sintomi cronici e/o ricorrenti.
E queste sono le cefalee croniche cosiddette 'idiopatiche', cioè non direttamente causate da altre malattie. Se poi ci mettiamo le altre malattie (a cominciare dall'ipertensione arteriosa, passando dalle intossicazioni croniche da farmaci o abusi, per finire alla cefalea del tumore cerebrale), mi sembra abbastanza scontato che si arrivi a 12 milioni di italiani.
Ma se il problema è il disordine della regolazione di un sistema complesso, in cui gli effetti suscitati dagli agenti esterni sono quasi indistinguibili da quelli suscitati dalle risposte interne, per favore, non banalizziamo il problema dando addosso ai tacchi alti e ai parrucchieri. Non è quello un mondo che adoro (io vado ancora dal barbiere, quello con il cilindro a strisce), però mi sa tanto di spot modaiolo, come quando si accusava il mouse di provocare la sindrome del tunnel carpale: mi è sempre sembrata comunque più pericolosa la zappa.