È passato quasi mezzo secolo da quando in un celebre discorso Robert Kennedy, allora candidato alla presidenza degli Stati Uniti, proponeva di smettere di valutare lo stato di salute e la competitività di una nazione solo in base al suo Prodotto Interno Lordo ma anche considerando il suo grado di benessere.
Oggi questa teoria trova una sua pratica applicazione nel nuovo lavoro portato avanti dall’Istat-Cnel su dati già disponibili relativi a 45mila persone con più di 14 anni. La valutazione del Bes - Benessere equo e sostenibile, passa attraverso 12 campi (benessere economico, istruzione e formazione, benessere soggettivo, salute, tempi di vita, ambiente, qualità dei servizi, lavoro e conciliazione, relazioni sociali, ricerca e innovazione, paesaggio e patrimonio culturale, politica e istituzioni e sicurezza) e 134 indicatori che servono a stabilire il grado di soddisfazione e benessere della società e dei suoi cittadini.
In altre parole, grazie al Bes è possibile fotografare lo stato di salute e di benessere di un Paese, utilizzando indicatori che vanno oltre il concetto di Pil, e ciò permette anche di avere a disposizione un utile strumento per capire in quale direzione debbano andare le decisioni politiche. Il primo Rapporto Bes, che verrà aggiornato ogni anno, è stato presentato nei giorni scorsi a Montecitorio e mostra come 6,7 milioni di italiani vivano in condizioni di disagio economico e il rischio povertà abbia raggiunto il 19,6% superando la media europea.
Per quanto riguarda la salute e il benessere, la vita media continua ad allungarsi (l’Italia resta uno dei paesi più longevi d’Europa) ma ciò che conta è che la vecchiaia venga vissuta in buona salute. In tal senso le disparità a livello regionale sono notevoli: le donne di 65 anni che vivono nelle regioni meridionali possono aspettarsi di vivere in buona salute altri 7,3 anni, contro i 10,4 delle donne che vivono nelle regioni settentrionali.
Complessivamente gli italiani si dichiarano soddisfatti della loro vita anche se il Rapporto Bes mostra che l’incertezza per il futuro e la crisi economica hanno inciso in modo significativo sulla percezione del proprio benessere: se alti livelli di soddisfazione riguardavano, nel 2011, il 45,8% degli italiani, nel 2012 la percentuale è scesa al 35,2%.