Il dibattito è infuocato e vede schierati, da un lato, i sostenitori del parto vaginale ad ogni costo e, dall’altro, quelli che considerano il Parto cesareo un modo sicuro e rapido per far nascere un bambino.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica nel 15% il tetto massimo di parti cesarei per ogni Paese e ricorda che il taglio cesareo resta un intervento chirurgico a tutti gli effetti, associato un maggiore rischio di mortalità per mamma e bambino, nonché di complicanze.
L’Italia detiene la maglia nera per il numero di parti cesarei: la media nazionale si attesta sul 40%, nonostante il Ministero abbia fissato al 20% il tetto massimo nazionale, ma in alcune regioni sembra che si partorisca solo con un cesareo.
In Campania, ad esempio, la percentuale arriva addirittura al 70%. Ma come si spiega questo trend?
Le cause che fanno propendere per un cesareo sono diverse: dal punto di vista dei medici un Parto cesareo è rapido, indolore e può essere fissato nella propria agenda risolvendo difficoltà logistiche e organizzative, nove medici su dieci dichiarano che un cesareo viene scelto soprattutto per evitare complicazioni di tipo medico-legale; le donne spesso scelgono di partorire con un cesareo perché hanno paura del parto, del travaglio e del Dolore, recenti dati rendono noto che il 27% dei cesarei viene praticato dietro diretta richiesta della madre senza che sussistano motivazioni cliniche.
Insomma, spesso un cesareo viene scelto perché almeno apparentemente sembra essere meno complicato, meno doloroso e meno rischioso di un travaglio dalla durata imprecisata. L’Istituto Superiore di Sanità ha deciso di agire e ha promosso le Linee Guida sul Taglio Cesareo, un documento destinato a medici e donne che intende non solo dare i numeri del fenomeno ma anche aiutare le future mamme a fare una scelta consapevole e informata.
Nel documento si legge, ad esempio, che la donna deve essere aiutata ad affrontare la paura del dolore con appositi strumenti di supporto psicologico, che la richiesta materna di un taglio cesareo senza che vi siano motivazioni cliniche non va assecondata e che il medico può rifiutarsi di fare un cesareo programmato (alla donna resta l’opportunità di accedere a un secondo parere); si legge, inoltre, che le donne devono ricevere la maggiore informazione possibile sul parto cesareo e devono poter scegliere di partorire spontaneamente e hanno facoltà di ricevere un secondo parere nel caso in cui il ginecologo decida per un taglio cesareo, anche se di urgenza.
L’obiettivo è quello di ridurre il numero di parti cesarei e allinearsi quanto più possibile alle indicazioni fornite dall’OMS e dal Ministero della Salute.
Il punto centrale, però, resta quello dell’accesso all’anestesia epidurale. Se le donne potessero partorire con l’epidurale in tutti gli ospedali di tutte le Regioni forse si riuscirebbe rapidamente ad abbattere il numero di cesarei praticati. Invece quella dell’epidurale resta un’annosa questione: solo il 35% degli ospedali italiani la pratica e una minima parte di essi mette a disposizione delle partorienti un anestesista 24 ore su 24.
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