Il fumo aumenta il rischio di sviluppare la psoriasi. Lo avrebbe evidenziato una ricerca pubblicata nei giorni scorsi sull’American Journal of Medicine e condotta su circa 79.000 infermiere, 887 delle quali si sono ammalate di Psoriasi nel corso del follow-up durato quattordici anni.
Gli scienziati della Harvard Medical School di Boston hanno, così, collegato in maniera significativa il fumo con lo sviluppo della psoriasi. Il rischio di essere colpiti da questo disturbo sarebbe, per i fumatori pesanti, più alto del 78% e per gli ex-fumatori del 37%. Il rischio resterebbe, infatti, elevato anche quando si smette di fumare e inizia a diminuire solo dopo vent’anni di astinenza dalla sigaretta.
Secondo Hyon Choi, lo scienziato che ha realizzato lo studio, è ipotizzabile che qualche sostanza tossica contenuta nelle sigarette possa in qualche modo colpire alcune parti del Sistema immunitario coinvolte nello sviluppo della psoriasi. Gli studiosi statunitensi hanno anche osservato che l’esposizione al fumo passivo durante la gravidanza espone il bambino ad un maggiore rischio di sviluppare successivamente la psoriasi. Alla ricerca ha fatto eco Gladys Edwards, direttore dell’Associazione Psoriasi del Regno Unito che ha sottolineato come nella pratica quotidiana si chieda sempre ai pazienti colpiti dalla psoriasi di smettere di fumare. Tuttavia la stessa Edwards ha ricordato che la psoriasi è un disturbo complesso causato da molteplici fattori e spesso colpisce persone che non hanno mai fumato.
Secondo le ultime stime, la psoriasi colpisce circa centotrenta milioni di persone in tutto il mondo, 2 milioni e mezzo delle quali in Italia. È una malattia ad andamento altalenante che si trasmette geneticamente ed è provocata da un’anomalia nel sistema immunitario che fa sì che le cellule della pelle crescano troppo velocemente: chiazze rossastre e squamose sulla pelle sono le principali manifestazioni della psoriasi che non è assolutamente contagiosa.
La qualità della vita delle persone colpite da psoriasi rischia spesso di essere compromessa a causa della scarsa conoscenza della malattia e della poca sensibilizzazione sull’opinione pubblica. Nel 2004 l’Agenzia Italiana del Farmaco ha avviato – in collaborazione con le Società scientifiche dermatologiche e con le Associazioni dei pazienti - il progetto PSOCARE, un programma di ricerca e studio della psoriasi, della sua Incidenza e della gestione clinica della malattia. L’obiettivo di PSOCARE è principalmente quello di fare il punto sulle terapie ad oggi disponibili, sulla loro efficacia e sicurezza e offrire un’armonizzazione delle linee di intervento a livello nazionale. PSOCARE ha anche realizzato una banca-dati dei 146 centri dermatologici universitari e ospedalieri specializzati nella cura della psoriasi presenti nel Paese dove vengono censite le attività assistenziali offerte e viene esaminata la sorveglianza epidemiologica dei trattamenti non topici (l’elenco è on-line sul sito www.psocare.it).
E l’accesso alle cure e il miglioramento dell’assistenza ai pazienti sono stati anche i temi della scorsa Giornata Mondiale della Psoriasi che in Italia si è celebrata il 28 ottobre. I volontari e i dermatologi dell’Associazione per la difesa degli psoriasici (ADIPSO) hanno fornito ai cittadini informazioni sulla malattia e sulle terapie: l’obiettivo, nelle intenzioni del presidente dell’ADIPSO, Mara Maccarone, è stato quello di sensibilizzare soprattutto le istituzioni affinché i pazienti possano avere rapido accesso alle cure più adeguate all’interno dei centri PSOCARE in maniera uniforme in tutto il Paese: “oggi purtroppo registriamo una differenza molto significativa tra regione e regione per quel che riguarda l’accesso alle cure più innovative e spesso i pazienti che iniziano a seguire la terapia sono costretti a doverla sospendere a causa della mancanza di fondi con il rischio che la malattia torni più aggressiva di prima” ha dichiarato la Maccarone.