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Pandemie influenzali

I virus influenzali umani appartenenti alla famiglia Orthomyxoviridae, sono raggruppati in tre tipi ( A, B e C) e classificati in sottotipi a seconda delle caratteristiche degli antigeni di superficie H (emoagglutinina) e N (neuroaminidasi).

I Virus influenzali umani appartenenti alla famiglia Orthomyxoviridae, sono raggruppati in tre tipi ( A, B e C) e classificati in sottotipi a seconda delle caratteristiche degli antigeni di superficie H (emoagglutinina) e N (neuroaminidasi).
Il ceppo virale di tipo A è quello maggiormente diffuso, rappresenta il principale responsabile delle epidemie influenzali ed è l’unico che abbia mai causato pandemie.

Il passaggio da epidemia a pandemia dipende dalle caratteristiche intrinseche del ceppo virale ma, soprattutto, dalle variazioni (mutazioni) della struttura del virus rispetto a quelli incontrati degli anni precedenti.

Le mutazioni cosiddette minori o secondarie (che si manifestano generalmente ogni 2-3 anni), trovano le difese immunitarie della popolazione già parzialmente protette e possono causare epidemie; le mutazioni strutturali degli antigeni, con variazioni importanti della struttura virale (che si manifestano ogni 10-20 anni), possono invece dare origine a vere e proprie pandemie, non trovando un’adeguata protezione immunitaria nella popolazione coinvolta.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un piano pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate. Sono state così individuati 3 livelli e 6 fasi di rischio pandemico:

  1. periodo interpandemico (Fase 1- Basso rischio e Fase 2- Nuovo virus),
  2. periodo di allerta (Fase 3- Auto limitante, Fase 4- Da uomo a uomo, Fase 5- Epidemico),
  3. periodo pandemico (Fase 6- Pandemico).

Nell’ultimo secolo si è assistito a diverse epidemie influenzali, queste le principali:

1918-19: Spagnola (virus A H1N1)
E’ considerato l’evento pandemico più mortale della storia dell’uomo, ebbe inizio contestualmente in Europa e negli Stati Uniti, presentandosi con lievi ondate nel marzo del 1918 e dirompendo nell’agosto dello stesso anno. Durò circa 18 mesi e causò tra i 40 a 50 milioni di vittime. L’appellativo “Spagnola” è dovuto al fatto che fu la stampa spagnola a diffondere per prima notizie sull’epidemia.

1957-58: Asiatica (virus A H2N2)
Esplose nel febbraio 1957 in Cina (da qui il nome di Asiatica), diffondendosi in giugno anche negli Stati Uniti. Causò oltre un milione di vittime.

1968-69: Influenza Hong Kong (virus A H3N2)
Il virus A H3N2 fu isolato ad Hong Kong (da qui il nome) nei primi mesi del 1968, raggiunse nello stesso anno anche gli Stati Uniti e causò complessivamente circa un milione di vittime.

1976: Influenza suina (virus A H1N1)
Probabile precursore dell’attuale influenza suina, non provocò una vera e propria Pandemia ma produsse grande allarme.

1977: Influenza Russa (virus A H2N2, simile a quello “Asiatico” del 1957)
Si pensa ad un legame con l’ondata influenzale Asiatica del 1957. L’infezione virale, infatti, si diffuse principalmente tra bambini e giovani al di sotto dei 20 anni, “risparmiando” adulti e anziani già in parte immunizzati.

1997 -2004: Influenza Aviaria (virus A H5N1)
I primi focolai sono stati rilevati a partire dal 1997 a Hong Kong, causando la morte di milioni di uccelli e volatiti (da qui aviaria), e diffondendosi, tra la fine del 2003 e gli inizi del 2004 in molti paesi asiatici. Pur essendo un sottotipo virale delle popolazioni volatiti, l’allarme di una possibile pandemia su altri animali e sugli uomini ha portato l’OMS a studiare in dettaglio il virus H5N1, ed in particolare i due sottotipi altamente patogenici H5 e H7.

2003: SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Severa)
Scoppiata nel febbraio del 2003 in Cina, si connota come una polmonite atipica e, sebbene non sia ascrivibile a vera e propria pandemia, ha creato allarme a causa della rapida diffusione non solo in Asia Orientale ma anche nel Nord America e nel Canada.

2008-09: Influenza Australiana (sottotipo del virus A H3N2)
Proveniente dall’Australia (da qui il nome) l’influenza ha messo a letto tra i 4-5 milioni di persone senza causare gravi danni. In Italia si è avuto un picco nei primi mesi del 2009.

2009-10: Influenza Suina (virus A H1N1)
I primi casi della nuova influenza umana da virus A H1N1 si sono registrati in Messico nell’aprile del 2009 e sono stati provocati dal contatto ravvicinato tra maiali e uomo; da qui la denominazione di “influenza suina” con la quale è stata indicata questa nuova influenza. L’OMS ha assegnato all’influenza AH1N1 il massimo livello di allerta (fase 6 - Pandemia).

Tale assegnazione non è legata alla gravità clinica del virus, ma piuttosto alla velocità e alla diffusione geografica dello stesso. La propagazione è stata infatti estremamente veloce ed ha incontrato difese immunitarie assolutamente impreparate a fronteggiarlo, soprattutto nei nati prima del 1977 (anno in cui si diffuse un ceppo virale simile a quello dell’A H1N1).

Il periodo di incubazione del virus A H1N1 è molto breve, generalmente da 1 a 3 giorni. L’esordio dell'influenza si presenta in modo brusco e improvviso, con febbre alta intorno ai 38° o superiore, e da sintomi pressoché identici a quelli dell’influenza stagionale: malessere generalizzato, cefalea, indolenzimento muscolare, tosse, mal di gola o congestione nasale. In alcuni casi possono presentarsi anche nausea, vomito e diarrea.
In pazienti adolescenti e adulti, e in assenza di patologie croniche, per curare l’influenza AH1N1 è sufficiente l’uso di farmaci sintomatici, come gli antipiretici o gli antinfiammatori, e l’osservazione di un periodo di riposo assoluto di almeno 4-5 giorni.
Il trattamento con antivirali può invece risultare necessario in particolari categorie a rischio di complicanze.
Per prevenire il contagio del virus A H1N1, come di tutti i virus influenzali è sufficiente osservare semplici misure di prevenzione.

Ultimo aggiornamento: 16 Novembre 2016
6 minuti di lettura

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