Cosa sono
Le varici si definiscono come dilatazioni permanenti della parete delle vene e colpiscono essenzialmente gli arti inferiori. Altre localizzazioni possono essere sede di varici (emorroidi, setto nasale, esofago) ma nel linguaggio comune si intende una malattia che colpisce le gambe, con la formazione di evidenti gavoccioli dilatati e ricurvi che deturpano l'estetica, oltre a dare disturbi e comportare rischi. Le varici non vanno confuse con "le teleangectasie", sostanzialmente dei capillari dilatati che sono un aspetto della cellulite e comportano essenzialmente un danno estetico.
Il termine varice deriva dal latino varus, che significa ricurvo, piegato.
Ne è colpito in gran parte il sesso femminile, per una questione ormonale legata agli estrogeni; il numero di gravidanze, l'uso degli anticoncezionali orali, la ritenzione idrica e il sovrappeso contribuiscono alla formazione delle varici.
La familiarità, il tipo di lavoro (commessa, fornaia, parrucchiera, ecc.), la stipsi cronica sono altri fattori di base che ne favoriscono l'insorgenza.
Anche gli uomini sono colpiti, in misura minore, con un rapporto maschi/femmine di circa 1:4, ma i disturbi sono molto minori e spesso la Terapia nei maschi avviene quando sono in atto le complicanze, anche per una loro minore attenzione all'aspetto estetico.
I sintomi
I sintomi che derivano dalle varici sono comuni e di frequente riscontro: senso di pesantezza e gonfiore delle gambe, edema dei piedi e caviglie, formicolio, bruciori, crampi, prurito e, non ultimo, il danno estetico. Spesso le donne con varici evitano di portare gonne o di mettersi in costume, con grave disagio psicologico.
Per i disturbi abbiamo a disposizione farmaci e calze elastiche in grado di attenuarli.
Ma sono le complicazioni il vero motivo per cui le varici devono essere trattate: le flebiti, le trombosi, le embolie polmonari, le emorragie, le infezioni, l'eczema da stasi e le ulcere alle gambe portano non solo ad un aggravarsi dei sintomi, ma soprattutto a dei rischi che non vale la pena di correre.
Diagnosi
La diagnosi è molto semplice; una buona visita medica è da sola in grado di stabilire quale grado le varici abbiano raggiunto e quale rischio comporta tenerle. Dalla visita deriva anche la scelta della terapia.
Talvolta è necessario completare la visita con un esame diagnostico assolutamente indolore ed innocuo, l'ecocolordoppler, che serve per escludere complicazioni maggiori a carico delle vene profonde (trombosi soprattutto) e a stabilire quale approccio terapeutico è meglio usare tra quelli a disposizione.
Una volta fatta la diagnosi è oggi possibile trattare le varici con rischi assolutamente trascurabili.
Trattamenti
La chirurgia, soprattutto quella mini-invasiva, trova indicazione quando i principali assi venosi (le safene) sono alterati; si va dal classico stripping totale, allo stripping corto, alle metodiche francesi di legatura (c.h.i.v.a.), al laser, alle recenti applicazioni di clip endovascolari. L'anestesia è generalmente periferica, o addirittura locale, e il risultato estetico è ottimale.
La scleroterapia trova indicazione quando le safene sono ancora sane (varici extrasafeniche) o quando sono state precedentemente asportate (varici recidive). Non si tratta di un intervento chirurgico ma di iniezioni nelle vene che le fanno 'riassorbire' e trasformare in condotti chiusi. La scleroterapia è utile soprattutto nel trattamento dei capillari.
Il laser è una metodica ottima, ma trova poche applicazioni; si trattano con il laser i capillari più piccoli, fini e resistenti alla scleroterapia. Nella terapia delle varici più grosse il laser non ha risultati migliori della chirurgia, anche da un punto di vista estetico.
Calze elastiche e farmaci sono soprattutto metodi che agiscono sui disturbi, ma non eliminano le cause.
La metodica migliore deriva dalla combinazione delle tecniche, chirurgiche e non. Solo usando tutti i metodi a disposizione è possibile risolvere la malattia varicosa, senza dimenticare però che la patologia è cronica e necessita di controlli nel tempo.
Varici e menopausa
A molte donne in menopausa viene prescritta una terapia ormonale sostitutiva. Spesso, a fronte di evidenti vantaggi clinici, queste pazienti iniziano a riferire disturbi tipici dell'insufficienza venosa (gonfiore, pesantezza, dolori alle gambe, ritenzione idrica, crampi, formiche, prurito), specialmente in presenza di varici.
Occorre dire subito che la semplice presenza di vene varicose non controindica la terapia ormonale sostitutiva; in questi casi, visto il dosaggio basso degli estrogeni, il rischio di complicazioni (flebiti, trombosi, embolie polmonari) è veramente trascurabile e comunque legato alla presenza delle varici più che alla terapia ormonale.
Ma in Medicina i fattori di rischio non si sommano, bensì si moltiplicano. Quindi la presenza di vene varicose, pur non controindicando l'uso della terapia ormonale, va eliminata per due motivi; in primo luogo perché le varici sono sempre fonte di potenziali pericoli di trombosi. E poi perché, se è vero che la terapia ormonale non aumenta il rischio di trombosi, è anche vero che aumenta i fastidi e i sintomi dell'insufficienza venosa delle gambe, già sottoposte a dura prova dalle variazioni tipiche della sindrome menopausale.
Solo in taluni casi è assolutamente preferibile trattare le varici prima di procedere a terapia ormonale sostitutiva: quando la storia clinica della paziente o la storia familiare presenta degli episodi di Trombosi venosa, flebite, ictus, infarti in età relativamente giovane (sotto i 45 anni) o malattie immunologiche. In tali casi occorre sospettare una Trombofilia, vale a dire una tendenza del Sangue a coagulare dentro i vasi per difetti congeniti di alcune proteine del sangue stesso. In questi casi, prima di assumere la terapia ormonale, occorre fare delle analisi specifiche (antitrombina, Pro-C-global, fibrinogeno, Lac, omocisteinemia) per scartare questa tendenza. In caso di positività di tali esami occorre consultare l' Angiologo in ogni caso. Un Angiologo andrà comunque consultato in presenza di varici per trattare la patologia venosa, indipendentemente dalla terapia ormonale sostitutiva.
Varici e contraccezione
Numerosi studi hanno confermato che la pillola aumenta il rischio di flebite, trombosi ed embolia polmonare solo di 1,5 volte in soggetti sani, cioè senza varici.
La presenza di vene varicose e capillari non è di per sè una controindicazione assoluta all'uso della "pillola", ma aumenta a 3-4 volte il rischio statistico di complicazioni. L'effetto dannoso è legato alla dose di estrogeni (sempre minore nelle ultime pillole) e al tipo di progesterone (quello di terza generazione è più rischioso dei primi). Questo effetto dannoso si traduce in una maggiore facilità del sangue a coagulare dentro i vasi.
Ogni Ginecologo tiene conto della presenza delle varici e sa che la pillola deve avere determinate caratteristiche.
Una volta accertato il rischio e prescritta la pillola più adatta, è nozione comune che i disturbi legati all'insufficienza venosa (pesantezza, crampi, gonfiore, dolori alle gambe, danni estetici da capillari, cellulite) aumentano con il suo uso per effetto della ritenzione idrica che ad essa si associa inevitabilmente.
Bisogna pertanto mettere in atto tutte quelle precauzioni per alleviare i disturbi (dieta con poco sale, movimento, uso di calza elastica). In presenza di evidenti varicosità, che da sole predispongono alla flebiti, è comunque preferibile trattarle (intervento chirurgico, scleroterapia, laserterapia).
In alcuni casi, in presenza di varici, la pillola è sconsigliata o addirittura controindicata; si tratta di situazioni cliniche nelle quali il rischio di flebiti, trombosi ed embolie polmonari è elevato anche per altri fattori. Queste situazioni comprendono:
- fumo di sigarette: il fumo favorisce la coagulazione del sangue;
- precedenti flebiti o trombosi della paziente;
- storia familiare: trombosi venose, incidenti vascolari (ictus, infarti ecc.), aborti spontanei del secondo e terzo trimestre, malattie immunologiche, accadute a familiari in età relativamente giovane (sotto i 45 anni) (Trombofilia).
In questi casi, prima di prescrivere la pillola occorre eseguire delle analisi del sangue mirate ad escludere la tendenza del sangue a coagulare; generalmente questa tendenza è familiare e bastano pochi esami per scoprirla (antitrombina III, pro-C-global, Lac, omocisteinemia, emocromo con piastrine, fibrinogeno).
Solo se negativi occorre prescrivere altri esami più specifici.
È quindi importante sottolineare al Ginecologo ogni particolare sospetto per patologia trombotica nella propria storia clinica o nella storia della propria famiglia. Il Ginecologo ha sempre a disposizione un Angiologo in grado di indirizzare la diagnosi e calcolare i rischi dell'uso della pillola in questi soggetti.
In ogni caso il fumo va ridotto.
L'Angiologo è poi necessario quando si vogliano eliminare i disturbi dell'insufficienza venosa derivanti dall'uso della pillola, in particolare quando ci si accorge che, con il tempo, tendono ad aumentare il gonfiore delle gambe o dei capillari o quando insorgono vere e proprie vene varicose.