La Psicoterapia Cognitiva non è una metodologia coincidente con l'uso di una tecnica né è un trattamento univoco ma si definisce e si caratterizza sulla base di una prospettiva centrale riguardo la psicologia ed il comportamento, che potremmo racchiudere nella seguente proposizione: la condotta del soggetto è mediata dal significato che egli attribuisce agli eventi interni ed esterni con i quali si mette in relazione.
La teoria cognitivistica
La Psicoterapia Cognitiva non è una metodologia coincidente con l'uso di una tecnica né è un trattamento univoco ma si definisce e si caratterizza sulla base di una prospettiva centrale riguardo la psicologia ed il comportamento, che potremmo racchiudere nella seguente proposizione: la condotta del soggetto è mediata dal significato che egli attribuisce agli eventi interni ed esterni con i quali si mette in relazione.
La sintesi più operativa della prospettiva cognitivistica clinica può essere rintracciata nel "modello A-B-C".
Il "modello A-B-C", ben descritto nei lavori di Ellis (primariamente) e Beck (in seguito), è la caratteristica sia teorica sia tecnica che funge da "minimo comune denominatore" dei diversi trattamenti cognitivistici.
Il modello ABC non solo è uno schema teorico utile per concettualizzare le variabili fondamentali connesse alla condotta dell'individuo ma è anche una procedura tramite la quale può essere concretamente attuata una valutazione, una formulazione del caso, una sua pianificazione, ed un trattamento.
L'ABC può essere immaginato come uno schema a tre colonne, la prima delle quali, A, identifica le condizioni antecedenti, gli stimoli, gli eventi. Il B indica le credenze, il pensiero, il ragionamento, le attività mentali che hanno come oggetto gli antecedenti. Il C definisce le conseguenze di queste attività mentali ed identifica reazioni emotive e comportamentali (Ellis, 1964, 1994, 1987; De Silvestri 1981a; Dell'Erba, 1998).
I processi inferenziali
L'aspetto centrale dell'interesse cognitivista per il funzionamento mentale riguarda la distinzione delle attività e dei processi cognitivi rappresentati e focalizzati dal B; classicamente sono prese in considerazione le seguenti attività psichiche: immagini, inferenze, valutazioni, assunzioni personali, schemi. Le immagini, che sono attività dove le funzioni sensoriali e mnestiche svolgono un ruolo fondamentale, sono prese in considerazione in quanto parte integrante delle rappresentazioni soggettive riguardanti la interpretazione di un dato evento.
Le immagini riflettono direttamente il senso attribuito dal soggetto ad un dato evento ed il contributo dei processi di elaborazione più automatici (regole, assunzioni personali, inferenze). Le inferenze sono ipotesi che attengono alla presenza o assenza di condizioni fattuali, cioè di eventi attesi nell'A. Alcune inferenze sono elaborate in modo quasi-automatico, e quindi il soggetto non ne è immediatamente cosciente, tanto che Beck le ha definite "pensieri automatici". Le inferenze sono, dunque, anche "predizioni" su ciò che accadrà, sta accadendo o è accaduto; ad ogni evento il soggetto attribuisce delle caratteristiche e delle cause, ma tali attribuzioni sono guidate dalla propria base conoscitiva.
Proprio riguardo ai processi inferenziali sono state definite varie tipologie di errori inferenziali che possono riguardare sia le caratteristiche dello stimolo sia le sue determinanti.
Alcuni errori cognitivi tipicamente considerati nella Psicoterapia Cognitiva sono le "distorsioni cognitive" che riguardano il processo di elaborazione dei dati (eventi, fatti, sintomi, pensieri), e attengono alla attribuzione soggettiva di dati che "vanno oltre l'evidenza dei fatti" (Bruner et al., 1956; Johnson Laird, 1993; Girotto, 1994). Come ha evidenziato Beck (Beck et al., 1976; Alford, Beck, 1997), le distorsioni cognitive sono influenzate dall'umore ma, a loro volta, lo influenzano intensamente.
Tali errori cognitivi, così come definiti dalla Cognitive Therapy di Beck, sono i seguenti:
- pensiero dicotomico: le cose sono viste in termini di categorie mutualmente escludentisi senza gradi intermedi. Ad esempio, una situazione o è un successo oppure è un fallimento; se una situazione non è proprio perfetta allora è un completo fallimento. ("o tutto o nulla");
- ipergeneralizzazione: anche definito come "globalizzazione"; uno specifico evento è visto come essere caratteristica di vita in generale o globale piuttosto che come essere un evento tra tanti. Ad esempio, concludere che se qualcuno ha mostrato un atteggiamento negativo in una occasione, non considera poi le altre situazioni in cui ha avuto atteggiamenti più opportuni. ("di tutta l'erba un fascio");
- astrazione selettiva: Un solo aspetto di una situazione complessa è il focus dell'attenzione, a altri aspetti rilevanti della situazione sono ignorati. Ad esempio, focalizzare un commento negativo in un giudizio sul proprio lavoro trascurando altri commenti positivi. ("bicchiere mezzo vuoto");
- squalificare il lato positivo: le esperienze positive che sono in contrasto con la visione negativa sono trascurate sostenendo che non contano. Ad esempio, non credere ai commenti positivi degli amici e colleghi dubitando che dicano ciò solo per gentilezza. ("ciò non conta nulla, conta di più ... ");
- lettura del pensiero: un soggetto può sostenere che altri individui stiano formulando giudizi negativi ma senza alcuna prova evidente di ciò che afferma. Ad esempio, affermare di sapere che l'altro ci giudica male anche contro la rassicurazione di quest'ultimo. ("ti ho già capito");
- riferimento al destino: l'individuo reagisce come se le proprie aspettative negative sugli eventi futuri siano fatti già stabiliti. Ad esempio, il pensare che qualcuno lo abbandonerà, e che lo sa già, e agisce come se ciò fosse vero. ("lo so già"). Insieme al precedente formano il "salto alle conclusioni", cioè il caso esemplare di inferenza arbitraria;
- catastrofizzare: gli eventi negativi che possono verificarsi sono trattati come intollerabili catastrofi piuttosto che essere visti in una prospettiva più pratica e moderata. Ad esempio, il disperarsi dopo un brutta figura come se fosse una catastrofe terribile e non come una situazione semplicemente imbarazzante e spiacevole. ("è terribile se...);
- minimizzazione: le esperienze e le situazioni positive sono trattate come reali ma insignificanti. Ad esempio, il pensare che in una cosa si è positivi ma che essa non conta in confronto ad un'altra più importante. ("niente conta veramente di quello che faccio");
- ragionamento emotivo: considerare le reazioni emotive come reazioni strettamente attendibili della situazione reale. Ad esempio, concludere che siccome ci si sente sfiduciati, la situazione è senza speranza. ("se mi sento così allora è vero");
- doverizzazioni: l'uso di "dovrei", "devo", "bisogna", si deve", segnala la presenza di un atteggiamento rigido e tendente alla confusione tra "pretendere" e "desiderare", e ciò è in diretta connessione con regole personali. Ad esempio, il pensare che un amico deve stimarci, perchè bisogna stimare gli amici. ("devo ...", "si dovrebbe ...", "gli altri devono ...");
- etichettamento: identificare qualcuno tramite una etichetta globale piuttosto che riferirsi a specifici eventi o azioni. Ad esempio, il pensare che si è un fallimento piuttosto che si è inadatti a fare una certa cosa. ("è un .....");
- personalizzazione: assumere che il soggetto stesso è la causa di un particolare evento quando nei fatti, sono responsabili altri fattori. Ad esempio, considerare che una momentanea assenza di amicizie è il riflesso della propria inadeguatezza piuttosto che un caso. ("è colpa mia se...");
Tali errori cognitivi non sono tipici di un disturbo psicologico ma sono invece diffusi e caratteristici nel funzionamento mentale normale.
L'aspetto disfunzionale è determinato dalla compresenza di più errori, dalla frequenza di comparsa e dal grado in cui tali procedure sostituiscono il ragionamento realistico e funzionale del soggetto. In sintesi, le distorsioni cognitive sono euristiche di ragionamento che svolgono una funzione adattiva in situazioni di emergenza e, probabilmente, non più adeguate allo stile di vita contemporaneo (essendo modalità automatiche possono in qualche modo essere state sviluppate evoluzionisticamente, ma attualmente potrebbero essere un esempio di "deriva evoluzionistica").
Vari autori hanno approfondito le modalità di ragionamento in condizioni di incertezza (Tversky, Kahneman, 1974; Kanheman, Slovic, Tversky., 1982; Piattelli Palmarini, 1994; Nisbett, Ross, 1980; Dell'Erba, 1998c), e tali condizioni sarebbero centrali in stati di attivazione dei soggetti (stress, condizioni cliniche). Dalle diverse ricerche nel campo della Influenza di variabili contestuali, o di fattori emotivi, sul ragionamento emergono diverse tipologie di biases cognitivi, spesso dipendenti dallo specifico obiettivo della ricerca; il minimo comune denominatore di tali errori cognitivi sembra essere la seguente schematizzazione: generalizzazione di informazioni, eliminazione di informazioni, Distorsione di informazioni.
Ciascuna di queste categorie raggruppa vari tipi di errori cognitivi, definiti dalle ricerche in psicologia generale sia in ricerche nel campo CLINICO. Le valutazioni possono essere definite come giudizi (buono-cattivo, OK-non OK) o preferenze.
I soggetti formulano delle valutazioni sia sulla base di processi inferenziali sia in base all'uso di conoscenze possedute, e dunque i giudizi e le preferenze dei soggetti possono essere influenzate sia da errori cognitivi di processazione dell'informazione sia da osservazioni personali (ad esempio, teorie e modelli di spiegazione soggettivi).
La teoria attribuzionale
Un aspetto principale, teorico e tecnico, è il ruolo rivestito dalla teoria attribuzionale (ad esempio, Heider, Rotter, Seligman) nell'impianto della Psicoterapia Cognitiva.
Le inferenze e le valutazioni, rispetto alle determinanti o alle caratteristiche degli eventi, possono essere identificate da 3 fattori.
L'attribuzione causale può riguardare la distinzione tra globalità e specificità a seconda che il fattore causale sia riferito a variabili generali o strettamente particolari: ad esempio, criticarsi per un difetto particolare (specificità) oppure criticarsi come persona (globalità). Le attribuzioni sulla causalità possono anche riguardare le variabili stabilità e temporaneità: ad esempio, giudicare una caratteristica altrui come temporanea piuttosto che stabile. I processi attributivi riguardano, altresì, le caratteristiche di internalizzazione (o personalizzazione) e esternalizzazione: ad esempio, giudicarsi meritevoli per un successo proprio (giudizio interno) ma giudicare non meritevole un'altra persona attribuendo il suo successo al caso o alla fortuna (giudizio esterno).
Queste tre variabili bipolari rappresentano i fattori costitutivi delle decisioni sui processi causali ma, ovviamente, costituiscono anche le variabili di distorsione di giudizi ed inferenze su quelle stesse attribuzioni. Dunque, la Psicoterapia Cognitiva ha pienamente applicato questi meccanismi di attribuzione e decisione per modificare le convinzioni e le conoscenze disfunzionali del paziente.
Il problema secondario
Vale la pena ricordare che uno dei modelli più celebri nella concettualizzazione della psicologia depressiva è proprio la teoria attribuzionale che identifica nel paziente giudizi negativi su sé, interni, stabili e globali (Beck, Freeman, 1990; Seligman, 1990, Seligman. Rosenhan, 1997).Un ulteriore punto è quello riguardante le valutazioni di stati emotivi. Gli individui spesso sono coinvolti in problemi psicologici dovuti al fatto di avere certi problemi; questa condizione viene definita come problema secondario e dipende da valutazioni formulate su valutazioni, emozioni, comportamenti, o qualsiasi altro stato del soggetto.
Alla base di alcuni di questi stati psicologici vi è il fatto che gli esseri umani non soltanto possono procurarsi un problema (che possiamo chiamare problema primario) ma quando si accorgono e valutano questa condizione possono crearsi un altro problema (che chiamiamo problema secondario); questo tipo di stati psicologici, relativamente frequenti nelle condizioni cliniche, possono complicare e mantenere notevolmente il quadro psicopatologico (De Silvestri, 1981a, 1981b; Mancini, 1996; Dell'Erba, 1998a, Dell'Erba, 1998b).
Le assunzioni personali sono regole e principi fondamentali che guidano il comportamento e che sono formulate nel corso della propria esistenza. Più le assunzioni sono precoci e più sono pervasive e stabili, in quanto varie credenze si collegano tra loro in reti di conoscenza che possono avere temi esistenziali generali comuni o specifici episodi soggettivamente rilevanti. Le assunzioni personali sono atteggiamenti specifici riguardo una varietà di eventi o temi che riguardano il soggetto (o più esattamente, temi che il soggetto sostiene che lo riguardino).
Ellis (1962, 1987) ha individuato una lista di atteggiamenti o idee irrazionali che riguardano le regole che il soggetto si dà e le relazioni che egli intraprende con gli altri o con il mondo esterno o con se stesso.
Questa lista può ben essere ricondotta ad alcuni principali atteggiamenti:
- doverizzazioni;
- giudizi totali su di sé e su gli altri;
- insopportabilità e intolleranza;
- catastrofizzazione;
- indispensabilità e bisogni assoluti.
Tali atteggiamenti sono ulteriormente definibili, secondo Ellis (1962, 1987, 1994), a tre doverizzazioni di base:
- doverizzazioni su se stessi ("io devo assolutamente... altrimenti... e quindi...");
- doverizzazioni sugli altri ("gli altri devono trattarmi in modo...e devono essere...altrimenti ... e allora ....");
- doverizzazioni sulle condizioni di vita ("le cose che succedono devono essere come io le pretendo ... altrimenti ... e quindi tutto sarà ingiusto o insopportabile").
Questi atteggiamenti sono appresi durante lo sviluppo del soggetto e sono particolarmente resistenti principalmente in base a due fattori generali: la generalità di applicazione di un atteggiamento, e la automaticità di formulazione della specifica regola nella particolare situazione. Gli schemi costituiscono l'attività meno consapevole delle attività mentali (con l'esclusione dei processi mentali delle funzioni cognitive di base, come memoria, percezione, attenzione, apprendimento). L'uso di tale termine deriva dalla psicologia generale (con Bartlett) ma attualmente si ritrova nella storiografia clinica l'uso diffuso di tale concetto in diversi autori precedentemente alla elaborazione di Bartlett del 1932 (ad esempio, Adler nel 1929). La modificazione degli schemi è l'obiettivo comune di tutti gli approcci cognitivistici clinici , ed è lo stadio più impegnativo della Psicoterapia Cognitiva. Gli schemi, secondo il modello della psicologia cognitivista, guidano o interferiscono sulla elaborazione di informazioni attraverso un uso selettivo dei dati in arrivo; questa caratteristica può essere così generale da limitare soggetto stesso nella propria autoconoscenza.
Il problema alla base è che il soggetto non è pienamente consapevole delle proprie teorie personali, costruite a partire da stadi precoci della propria vita, ma può essere consapevole sia della propria condotta attuale sia di valutazioni, giudizi ed inferenze (semplici, ma non seriali o concatenate); tale possibilità data dalla propria attività mentale cosciente è sufficiente per ricostruire o ri-attribuire significati generali che possano spiegare dati, evidenze, ricordi, e modalità di scelta del soggetto.
Il fine del trattamento psicologico cognitivista è permettere al soggetto di esaminare la modalità con cui costruisce e comprende il mondo (cognizioni ed attività mentali in genere) e sperimentare nuovi modi di attribuire significati e attivare condotte orientate. Attraverso l'apprendimento dei modi tipici e personali di dare un senso a ciò che avviene, scegliere i propri scopi, definire i propri progetti, il paziente può essere in grado di modificare costrutti e significati non adeguati e ri-orientare i propri scopi e progetti generali per fronteggiare in modo più soddisfacente le proprie relazioni con il mondo e con le persone (Beck, Freeman, 1990; Young, 1994; Guidano, 1988; Guidano, Liotti, 1983).