Venerdì 27 gennaio, Giorno della Memoria, non si ricorda solo il genocidio degli ebrei ma anche tutte le altre vittime del nazismo: omosessuali, disabili, zingare, portatori di handicap. Lo ricorda, in una nota, anche l’Ordine degli Psicologi Emilia-Romagna.
“La giornata della memoria - scrivono gli psicologi - non vuol dire solo commemorare il passato, ma anche pensare al presente e al futuro. In questo momento storico, in cui si alzano muri e si tira il filo spinato sui confini, in cui crescono i movimenti razzisti, sorti anche sotto la pressione dell’attuale fenomeno migratorio, ripensare il passato e le premesse storiche, sociali e psicologiche che li hanno resi possibili è indispensabile per evitare il ripetersi di una catastrofe umana come la Shoah e impedire di giustificare gli atteggiamenti odierni di rifiuto dell’accoglienza di persone in fuga, richiedenti asilo”.
La banalità del male
“È possibile che individui apparentemente normali possano rivelarsi criminali senza alcun senso di colpa? È questa la domanda che si è posta Hannah Arendt, filosofa e giornalista tedesca ebrea. La stessa che adesso riprende l’Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna.
La risposta è sì, come dimostrano gli studi di psicologia sociale condotti da Stanley Milgram e Philip Zimbardo, secondo cui “l’obbedienza cieca può trasformare una persona normale in carnefice. È un rischio insito nella tendenza umana a conformarsi alle richieste dell’autorità. Il male può essere anche banale, nel senso che in particolari circostanze anche persone del tutto normali possono finire per collaborare alle peggiori atrocità, non percependone la responsabilità”.
Recentemente, poi - informa sempre la nota dell’Ordine - gli psicologi Alexander Haslam e Stephen D. Reicher hanno effettuato un riesame di quegli studi, scoprendo che “chi compie atti feroci e spietati, in sottomissione e in conformità a una autorità, non si uniforma in modo passivo. Questi esecutori, infatti, tendono ad adattarsi agli ordini in modo attivo e partecipato, mettendo in atto un processo di identificazione con chi esercita il potere che spaccia azioni atroci e disumane per atti virtuosi, arrivando a credere che quello che stanno facendo è giusto”.
“Chi ordina o compie delle atrocità ha svolto un lungo lavoro di elaborazione mentale, più o meno consapevole. L’operazione mentale che ha compiuto gli ha permesso di negare la persona perseguitata, eliminandone l’identità. L’altro, attraverso un processo psicologico di reificazione, viene spogliato dell’umanità e reso un oggetto, un simbolo da distruggere, un numero da cancellare da una lista”.
Come contrastare la banalità del male
Secondo Hannah Arendt, per non cadere nella trappola della banalità del male “si ha il dovere di pensare. E di pensare in modo critico e produttivo: arricchendo con nuove domande e lasciando spazio al dubbio. Dare valore alla memoria, intesa come strumento per dare risposta ai bisogni umanitari del presente, vuol dire assumersi la responsabilità della cultura, anche psicologica, da trasmettere alle nuove generazioni, ispirata alla pace e alla convivenza civile. Vuol dire favorire l’esercizio del pensiero creativo, divergente, aperto alla cooperazione e alla solidarietà come possibile ostacolo a un conformismo totalitario”.
“Il Giorno della memoria - conclude la nota - racchiude l’invito e la necessità ad avvicinarci allo stato d’animo dell’altro e al suo vissuto, a educarci psicologicamente all’ascolto, alla consapevolezza e alla comprensione del Dolore e dei bisogni altrui, nel rispetto dei diritti fondamentali, della dignità e del valore di tutte le persone”.