In occasione della XVI Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si celebra oggi 16 aprile 2020, e in un grave momento di emergenza nazionale dovuta alla diffusione del coronavirus, la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) lancia un appello: “I pazienti emofilici non sono tutti uguali e non esiste una cura uguale per tutti. Ora più che mai c’è bisogno di cure appropriate e personalizzate perché le difficoltà legate a una patologia preesistente non scompaiono in questo momento di emergenza nazionale, ma anzi rappresentano un'emergenza nell'emergenza. Ribadiamo il principio della non equivalenza terapeutica in emofilia”.
Cure personalizzate per i pazienti emofilici
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, sono 10.627 i pazienti colpiti da Malattie emorragiche congenite (MEC) e circa 5.000 i pazienti in Italia affetti da emofilia. Di questi sono poco più di 2 mila a essere colpiti da una forma grave. Soffrire di una patologia come l’emofilia pone le persone che ne sono affette in una condizione di fragilità, da considerare in caso di contagio da coronavirus. Come vivono i pazienti emofilici in questi momenti di grave emergenza sanitaria? “I bisogni dei pazienti emofilici, le loro fragilità – dichiara Cristina Cassone, Presidente FedEmo – diventano ancora più evidenti e preoccupanti in presenza di questa epidemia in cui si mette a rischio la salute già limitata da una patologia preesistente. La storia recente di questa epidemia ci insegna che non bisogna sacrificare la qualità e l'appropriatezza delle cure in funzione dei costi. Una cura inappropriata e non personalizzata è in grado di pregiudicare la qualità di vita del paziente e la gestione degli eventi emorragici con esiti gravi ed irreversibili per il suo futuro”.
Bisogna ricordare che per l'emofilia non esiste, attualmente, una cura valida per tutti ma diverse opzioni terapeutiche che vanno valutate da medici esperti in grado di individuare quelle più appropriate per il singolo paziente. “La scelta “sbagliata”, non appropriata agli specifici bisogni del paziente – continua Cassone – può indurre alla comparsa di maggiori complicanze da artropatia cronica che minano fortemente la qualità della vita, l’indipendenza, la capacità di vivere una vita socialmente attiva”.
Emofilia e rischio Covid-19
Essere affetti da emofilia o altra MEC (Malattia Emorragica Congenita) non comporta, di per sé, un incremento del rischio di complicanze legate all’infezione da coronavirus “anche se, in caso di ricovero – come spiega Angiola Rocino Presidente Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) – non va sottovalutato il rischio emorragico legato a procedure invasive o all’uso di alcuni farmaci. È fondamentale, perciò, che i pazienti restino in contatto con il Centro emofilia di riferimento. Inoltre, sono diverse le misure che sono state già messe in atto a favore dei pazienti in questi giorni. L’Agenzia Italiana del Farmaco, già in data 11 marzo, ha prorogato la validità dei piani terapeutici, estendendone di 90 giorni la validità. I Centri sono poi costantemente vicini ai pazienti per via telefonica, in videoconferenza e con messaggi da remoto. Non ultimo, diverse aziende si sono attivate per confermare e ampliare servizi di supporto all’assistenza domiciliare”.
La terapia genica, una soluzione?
In Europa si stimano circa 32.000 persone affette da emofilia A o B. Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia è soggetto a numerose emorragie, anche spontanee, dovute a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione.
La terapia dell’emofilia consiste nella terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione del fattore mancante (fattore VIII nell’emofilia A, fattore IX nella B). È da qualche anno allo studio una nuovissima terapia che in futuro potrebbe portare alla completa risoluzione della patologia. Si tratta della terapia genica che promette di evitare, per diversi anni, al paziente emofilico le infusioni del fattore della coagulazione mancante; utilizzando virus inattivati come vettori, viene trasportato nell’organismo materiale genetico in grado di correggere il difetto coagulativo consentendo la produzione del fattore carente o non funzionale.