Aumentano in quasi tutte le regioni le segnalazioni di casi di coronavirus legati alle tre principali varianti monitorate dal Comitato tecnico scientifico (Cts) e dell’Istituto superiore di sanità (Iss): il 30% circa delle nuove infezioni sarebbero infatti imputabili alla variante inglese, mentre meno diffuse (seppure presenti) sarebbero la variante brasiliana e quella sudafricana.
Cosa sappiamo delle mutazioni del coronavirus?
Il Sars-CoV-2 è un coronavirus a RNA, caratterizzato dalla capacità di replicarsi e cambiare nel tempo per meglio adattarsi alla genetica dell'uomo. Questi cambiamenti sono chiamati "mutazioni" e possono riguardare ad esempio, una maggiore capacità di trasmissione o di aggirare le difese della risposta immunitaria, e perfino renderlo più patogeno e causare un aggravamento dell’infezione.
Ognuna di queste mutazioni va a definire una "variante" del virus originale. Fin dall'inizio della pandemia sono state osservate moltissime mutazioni del Sars-CoV-2 e ad oggi sono centinaia le varianti in tutto il mondo.
Tuttavia, è solamente da dicembre 2020 che si sono andate a definire le mutazioni più significative del Sars-CoV-2, identificate dagli esperti come variante inglese, variante sudafricana e variante brasiliana.
- La variante inglese - VOC 202012/01 o B.1.1.7
Si tratta della prima variante identificata nel Regno Unito e la più diffusa in Europa. Sembrerebbe avere una maggiore capacità di trasmettersi da uomo a uomo per la sua elevata diffusione rispetto alle altre varianti circolanti. Sono in corso studi aggiuntivi per valutare un'eventuale maggiore gravità della malattia che, ad oggi, non è stata confermata. Diversi focolai sono stati individuati in Italia e pare aver raggiunto circa il 30% dei nuovi casi di infezione.
- La variante sudafricana - 501.V2
Identificata anch’essa nel dicembre 2020 è ad oggi la più diffusa nel Sud Africa. Dati preliminari indicano che anche questa variante è caratterizzata da una maggiore trasmissibilità seppur inferiore a quella della variante inglese B.1.1.7, mentre non è ancora chiaro se provochi differenze nella gravità della malattia. Da gennaio 2021 è stata isolata anche in molti paesi Europei.
- La variante brasiliana - P.1
Questa variante si è diffusa in Brasile nel gennaio 2021, ma la sua presenza è stata segnalata già precedentemente in Giappone e Corea del Sud. Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità o propensione alla reinfezione, ma al momento non sembra determinare una maggiore gravità della malattia.
Test diagnostici e vaccinazioni: quanto sono efficaci con le varianti?
I dati preliminari sulle varianti inglese, sudafricana, brasiliana preoccupano ma non sono allarmanti; infatti, la situazione epidemiologica è ben monitorata con i tradizionali test diagnostici, sia molecolari che antigenici.
Inoltre, i primi studi sembrano indicare che i vaccini ad oggi disponibili – seppur studiati prima della nascita di queste varianti - mantengano una buona efficacia verso le forme gravi di malattia.
Come limitare la diffusione delle varianti in Italia?
Sono già state avviate specifiche azioni di sanità pubblica per monitorare e limitare la diffusione delle nuove varianti in Italia, ossia:
- rafforzare la sorveglianza delle varianti nei laboratori;
- fornire indicazioni per la gestione dei contatti dei casi Covid-19 per infezione da variante;
- limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti;
- disporre misure di contenimento (zone rosse e arancioni rafforzate) nelle aree più colpite dalle varianti, anche ristrette a livello comunale.
Resta, dunque indispensabile continuare a tenere alta l'attenzione sui comportamenti preventivi da adottare nel quotidiano. L'uso della mascherina, il lavaggio frequente delle mani, il distanziamento sociale, l'isolamento e la quarantena di positivi e conviventi, sono le uniche misure utili per ridurre la trasmissione del Sars-CoV-2 in tutte le sue varianti.
In caso di sospetto contagio è possibile controllare preliminarmente i sintomi interrogando l’info-chat coronavirus di Paginemediche.