I cuori più sani nel mondo? Pulsano nella foresta amazzonica e, più precisamente, sono quelli degli indigeni Tsimane, che vivono in Bolivia, nel Sudamerica. Il loro apparato Cardiovascolare è in assoluto il migliore mai studiato ed è colpito da aterosclerosi con una frequenza che è cinque volte inferiore a quella degli statunitensi: il merito va ascritto a uno stile di vita contraddistinto da una dieta ricca di fibre e povera di grassi, nonché da tanto movimento. È quanto emerge da una ricerca condotta da un team di ricercatori del Saint Luke’s Mid America Heart Institute, guidati da Hillard Kaplan dell’University of New Mexico e presentata all’American College of Cardiology (Washington).
Il rischio cardiovascolare degli indigeni Tsimane
Nello specifico, tra il 2014 e il 2015 il team di ricercatori ha visitato 85 villaggi degli Tsimane e ha valutato il rischio cardiovascolare di 705 adulti – di età compresa tra i 40 e i 94 anni – sottoponendoli ad una tomografia computerizzata per misurare il livello di rigidità delle arterie coronarie (si tratta di un parametro che indica l’invecchiamento dell’apparato cardiovascolare incrementando i rischi per il cuore).
Sulla base della Tac alle coronarie, è emerso che soltanto il 3% degli indigeni ha un rischio cardiovascolare moderato oppure elevato: l’85% ha un rischio pari a zero e il 13% corre un rischio davvero minimo. Tali condizioni si mantengono anche con il progredire dell’età: il 65% degli over 75 ha un rischio cardiovascolare nullo, mentre soltanto l’8% corre un rischio moderato oppure alto.
Questi dati, che hanno destato grande stupore (“Una cosa mai vista prima”, il commento di Gregory S. Thomas, direttore medico del MemorialCare Heart & Vascular Institute Long Beach Memorial Medical Centre, negli Stati Uniti) sono stati poi incrociati con il peso, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il colesterolo, la glicemia e i valori di infiammazione. Impietoso, in particolare, il paragone con gli Stati Uniti, dove un’indagine analoga condotta su 7.000 persone ha dimostrato che solo il 14% della popolazione è stato “promosso” dopo la Tac cardiaca, mentre il 50% si è attestato a rischio cardiovascolare.
Apprendere lo stile di vita degli indigeni
Riprende il professor Gregory S. Thomas: “È impossibile vivere come questi indigeni nei paesi industrializzati, ma ciò non toglie che possiamo adottare alcuni aspetti del loro stile di vita”. Uno stile di vita, appunto, diametralmente opposto a quello delle ricche società occidentali. L’alimentazione della popolazione Tsimane, infatti, prevede poca carne – il 17% della dieta rappresenta un compromesso tra carni di cinghiale, tapiro e capibara – pesce (7%) e tutto ciò che arriva dall’agricoltura locale: riso, mais, patate dolci, radici di manioca e platano, noci e frutta.
Non manca il movimento, con una media di 17.000 passi al giorno per gli uomini (i cacciatori sono in grado di camminare almeno sei ore al giorno coprendo una distanza di circa 18 chilometri e rimanendo inattivi solo il 10% del tempo) e 16.000 per le donne; perfino gli indigeni più anziani continuano a compiere oltre 15.000 passi al giorno. Insomma, una dieta scarsa di grassi saturi e ricca di carboidrati non raffinati e di fibre, insieme a pesce e selvaggina, attività fisica e niente fumo, può prevenire l’indurimento delle arterie del cuore. Così, per scongiurare il rischio di malattie cardiovascolari, non c’è bisogno di nascere o vivere in Bolivia.