Una data simbolo scelta non a caso quella dedicata alla Giornata mondiale della Sindrome di Down, che si tiene in tutto il pianeta il 21 marzo. È, infatti, il Cromosoma 21 quello in cui si riscontra il difetto, marzo, terzo mese dell'anno, perché il problema riguarda, per l'appunto, la trisomia 21.
Un'iniziativa giunta quest'anno alla sua undicesima edizione che si pone come obiettivo quello di diffondere una maggiore conoscenza sulla patologia e dar vita a una nuova cultura della 'diversità'. Fine principe è però soprattutto la creazione e promozione dell'integrazione all'interno della società di tutte le persone che ne sono affette.
Cos'è la Sindrome di Down
Fu descritta per la prima volta nel 1866 da John Langdon Down. Fu, invece, il genetista francese Jerome Lejeune a mostra nel 1959 che fosse il cromosoma in più a causare la malattia. Con questa terminologia si indica quella condizione genetica in base alla quale si nasce con un cromosoma in più nelle cellule. Anziché, infatti, 46 cromosomi, le persone con la Sindrome di Down ne presentano 47, uno in più nella coppia identificata con il numero 21.
Un ‘difetto’ genetico non ereditario che causa una forma di disabilità sia a livello fisico, che mentale e motorio. Esistono diversi tipi di anomalie cromosomiche anche se il risultato è pressoché identico. Quello più frequente è la Trisomia 21 libera completa (95% dei casi), mentre più di rado si riscontra la la Trisomia 21 libera in mosaicismo (2% dei casi) in cui si riscontra la presenza sia di cellule normali con 46 cromosomi sia di cellule con 47 cromosomi. Ultimo tipo è la cosiddetta Trisomia 21 da traslocazione (3% dei casi). In questo caso il cromosoma 21 in più (o meglio una parte di esso, almeno il segmento terminale) è il numero 14, 21, o 22. Quest'ultima può essere ereditaria.
Il cortometraggio
Per celebrare la Giornata mondiale della Sindrome di Down il CoorDown, il Coordinamento delle associazioni delle persone con sindrome di Down, lancia il video How Do You See Me?, come mi vedi?. Protagonista è Anna Rose davanti al suo specchio. Lì appare Olivia Wilde, attrice statunitense. “Come mi vedi? - si chiede AnnaRose - Io mi vedo così: una figlia, una sorella, una migliore amica, una sulla quale puoi contare. Mi vedo incontrare chi poi condividerà con me la vita, cantare, ballare. E ridere. Fino a perdere il fiato. Perdere il fiato. Anche piangere, a volte. Mi vedo inseguire i sogni. Anche se sono impossibili. Specialmente perché sono impossibili. Insomma, mi vedo come una persona comune. Con una vita importante, piena, meravigliosa. Io mi vedo così. “E tu come mi vedi?”. "Non è lei che vuole diventare Olivia, siamo noi che dobbiamo cambiare il modo di guardare. Spiegano da Coordown.
Quante persone ne sono affette
In base ai dati forniti dalle statistiche mondiali, la Sindrome di Down colpisce un bambino ogni 1200. Non esiste, però, in verità un dato preciso dal momento che esistono anche casi di interruzione delle gravidanze una volta riscontrata la presenza della malattia nel feto. In Italia, però, si stima che oggi vi siano circa 38mila persone con trisomia 21 di cui il 61% ha più di 25 anni.
Durata della vita
Rispetto al passato, la durata della vita delle persone affette da Trisomia 21 è aumentata in modo enorme. L’80% delle persone affette da sindrome di Down raggiunge i 55 anni e il 10% i 70 anni ma si pensa che in futuro la sopravvivenza potrà raggiungere quella della popolazione generale.
Diagnosi
Come già detto, la diagnosi può avvenire prima della nascita, alla 16° - 18° settimana di gestazione con l’amniocentesi o tra la 12° e la 13° settimana con la villocentesi. Due tipologie di analisi che vengono solitamente proposte alle donne considerate a rischio, ovvero a quelle con età superiore a 37 anni o con un precedente figlio con sindrome di Down.
Potenzialità e difficoltà sociali
Oltre ai noti aspetti cromosomici, la sindrome di Down si caratterizza per un ritardo nelle principali funzioni, sia nella fase di sviluppo del bambino, che nell’età adulta. Un ritardo che si può recuperare e frenare con un intervento riabilitativo precoce, sistematico con particolare riferimento alle aree linguistiche, motorie e neuropsicologiche.
La maggior parte delle persone con sindrome di Down può raggiungere un buon livello di autonomia personale, sociale e relazionale, imparando ad esempio l’utilizzo del mezzo pubblico, l’utilizzo del denaro, o di tutto quelle strumentalità che la vita oggi richiede. Può fare sport, lavorare, andare a scuola, frequentare amici. C'è anche chi riesce a laurearsi, come il caso di Gianluca Spaziani, ragazzo di 23 anni che si è recentemente laureato presso l'Ateneo di Palermo.
I ragazzi affetti da sindrome di Down presentano infatti uno sviluppo linguistico inferiore a quello dell'intelligenza, uno sviluppo fonologico, (come pronuncia i suoni) inferiore agli altri aspetti del linguaggio; uno sviluppo semantico (significato delle parole) e pragmatico ("si fa o non si fa capire") migliori dello sviluppo morfologico (es. coniugazione dei verbi), sintattico (costruzione delle frasi) e fonologico.
Esistono però una serie di stereotipi che vanno sfatati e che vedono le persone affette da sindrome di Down senza individualità e tutte uguali. Si pensa infatti che essere siano tutte affettuose e dunque prive di un proprio carattere, amanti della musica, bionde, che possono eseguire solo lavori ripetitivi che non implichino responsabilità. Si dice spesso che sono sono eterni bambini, privi di interessi sessuali nonché incapaci di avere rapporti interpersonali che possano portare ad amicizia, fidanzamenti o matrimoni. C'è ancora chi sostiene che sono sono consapevoli di avere una disabilità intellettiva. Niente di più sbagliato perché un bambino con sindrome di Down è in grado di capire fin da quando è piccolo la propria diversità rispetto ai compagni e ai fratelli.
È importante, dunque, lavorare a fondo non solo sull'inclusione e l'integrazione piena, ma per recuperare le competenze linguistiche e le abilità che possono essere compromesse a causa del ritardo mentale. Indispensabile un'azione di socializzazione e inclusione ma anche un'attività volta a fornire una serie di servizi che permettano loro prima di acquisire e dopo di mantenere le competenze che gli aiutino ad integrarsi in modo completo nel miglior modo possibile.