Roma, 26 feb. (AdnKronos Salute) - Troppi rischi radiologici per i neonati prematuri. E' il dato che emerge dallo studio durato tre anni, condotto dall'Associazione italiana fisica medica (Aifm) in collaborazione con la Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane (Fism) e la Società Italiana di Neonatologia (Sin), che ha confrontato metodiche, apparecchiature e dosi di più di 500 esami ai Raggi x eseguiti in 16 tra i maggiori centri dotati di un reparto di Terapia intensiva neonatale presenti sul territorio nazionale. L'indagine è stata presentata oggi al nono Congresso nazionale Aifm in corso a Perugia. Dallo studio è emerso che due modelli di culle sulle sette indagate attenuano il fascio di Radiazione di un valore inferiore al 10%, le restanti presentano un'attenuazione, circa, del 30%.
L’attenuazione del fascio è dovuta alla presenza di materiale interposto tra il paziente e il rivelatore (l’apparecchio radiologico mobile mediante il quale si effettua l’esame). Quanto più materiale si trova interposto tra il paziente e il rivelatore tanto più verrà attenuato il fascio di radiazione originario. Una maggior attenuazione del fascio si traduce inevitabilmente in una maggior dose al paziente per mantenere invariata la qualità dell’immagine radiografica. "Altro dato importante è relativo alla presenza della bilancia: nei modelli in cui è presente si ha un’attenuazione aggiuntiva del 40%. Inoltre si è notato che, filtrando preventivamente il fascio, quindi eliminando quelle componenti di radiazione maggiormente responsabili della dose al paziente, si ha su tutti i modelli una riduzione dell’attenuazione tra il 20% e il 30%", sottolinea la ricerca.
"È importante avere ben chiaro quanto la radioprotezione del paziente debba essere il risultato del concorso di tutti gli attori coinvolti, nel rispetto di ruoli e competenze - sottolinea Antonella del Vecchio, fisico medico dell’ospedale San Raffaele di Milano e coordinatrice dello studio – Per questo abbiamo chiesto la collaborazione della Fism e della Sin per elaborare delle linee guida in grado di fornire indicazioni utili alle principali figure professionali che collaborano in terapia intensiva neonatale: medico neonatologo, medico radiologo, tecnico di radiologia medica e fisico medico".
Secondo gli esperti coinvolti nella ricerca è "necessario sviluppare modelli di culle che non presentino materiali radiopachi interposti tra paziente e rivelatore. Inoltre, quando possibile, è fondamentale porre il rivelatore a contatto con il paziente inserendolo però in opportuno sacchetto sterile radiotrasparente; che vengano soddisfatte delle buone norme tra cui: l’identificazione univoca del paziente; l’immobilizzazione e il corretto posizionamento del paziente con l’ausilio di opportuni dispositivi; la limitazione delle dimensioni del fascio alle sole aree di interesse (evitando quindi esposizioni total body); l’utilizzo di schermi protettivi a protezione dei distretti più radiosensibili (gonadi, occhi, tessuto mammario). Infine, uniformare tutte le realtà e spingerle a ottenere valori di dose più bassi, ottimizzando protocolli e apparecchiature".
L’attenuazione del fascio è dovuta alla presenza di materiale interposto tra il paziente e il rivelatore (l’apparecchio radiologico mobile mediante il quale si effettua l’esame). Quanto più materiale si trova interposto tra il paziente e il rivelatore tanto più verrà attenuato il fascio di radiazione originario. Una maggior attenuazione del fascio si traduce inevitabilmente in una maggior dose al paziente per mantenere invariata la qualità dell’immagine radiografica. "Altro dato importante è relativo alla presenza della bilancia: nei modelli in cui è presente si ha un’attenuazione aggiuntiva del 40%. Inoltre si è notato che, filtrando preventivamente il fascio, quindi eliminando quelle componenti di radiazione maggiormente responsabili della dose al paziente, si ha su tutti i modelli una riduzione dell’attenuazione tra il 20% e il 30%", sottolinea la ricerca.
"È importante avere ben chiaro quanto la radioprotezione del paziente debba essere il risultato del concorso di tutti gli attori coinvolti, nel rispetto di ruoli e competenze - sottolinea Antonella del Vecchio, fisico medico dell’ospedale San Raffaele di Milano e coordinatrice dello studio – Per questo abbiamo chiesto la collaborazione della Fism e della Sin per elaborare delle linee guida in grado di fornire indicazioni utili alle principali figure professionali che collaborano in terapia intensiva neonatale: medico neonatologo, medico radiologo, tecnico di radiologia medica e fisico medico".
Secondo gli esperti coinvolti nella ricerca è "necessario sviluppare modelli di culle che non presentino materiali radiopachi interposti tra paziente e rivelatore. Inoltre, quando possibile, è fondamentale porre il rivelatore a contatto con il paziente inserendolo però in opportuno sacchetto sterile radiotrasparente; che vengano soddisfatte delle buone norme tra cui: l’identificazione univoca del paziente; l’immobilizzazione e il corretto posizionamento del paziente con l’ausilio di opportuni dispositivi; la limitazione delle dimensioni del fascio alle sole aree di interesse (evitando quindi esposizioni total body); l’utilizzo di schermi protettivi a protezione dei distretti più radiosensibili (gonadi, occhi, tessuto mammario). Infine, uniformare tutte le realtà e spingerle a ottenere valori di dose più bassi, ottimizzando protocolli e apparecchiature".
Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio 2016
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