Milano, 1 lug. (AdnKronos Salute) - È "necessario e fondamentale" fare "una netta distinzione fra legalizzare l'uso della cannabis e normarne l'impiego a fini terapeutici". Lo afferma Mario Melazzini, presidente dell'Agenzia Italiana del Farmaco, ricevuto oggi alla Camera in audizione congiunta delle due Commissioni Giustizia e Affari sociali, in merito all'indagine conoscitiva sulla proposta di legge in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis.
Melazzini ha chiarito di voler intervenire con "una valutazione di tipo tecnico-scientifico, a nome dell'Agenzia competente per la regolamentazione dei farmaci in Italia". Per questo ha ricordato che "l'uso medico della cannabis e dei suoi componenti ha una storia millenaria condivisa da molte culture del mondo, ed è ormai completamente o quasi completamente legale in alcuni Paesi europei, tra cui appunto l'Italia, dove dal 2013 è autorizzato un medicinale a base di cannabis sativa per il trattamento dei sintomi da spasticità grave e moderata in pazienti adulti, dovuta a Sclerosi multipla. La pianta torna oggi a essere usata anche per altre patologie - sottolinea il presidente dell'Aifa, medico e malato di Sla - e il suo utilizzo è stato studiato in altre applicazioni mediche, come ad esempio per ipertonie e spasmi della Sclerosi multipla, ma anche per malattie del motoneurone e per il Glaucoma resistente".
"Tuttavia - precisa Melazzini - non vi sono ancora dati sufficienti sulla sua sicurezza e non esistono al momento informazioni specifiche sulle reazioni avverse dovute all'impiego medico. Conosciamo però gli effetti collaterali più comuni associati all'uso ricreativo della cannabis e a un suo sovradosaggio, che in alcuni casi comportano conseguenze serie, dalla psicosi a stati depressivi seri". Dunque, avverte, "in assenza di titolazioni precise dei principi psicoattivi, una liberalizzazione potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili".
Soprattutto, secondo Melazzini "sarebbe difficile il controllo delle controindicazioni nelle sottopopolazioni più esposte, pensiamo agli adolescenti, nei quali si riscontrano gravissime depressioni cliniche conseguenti all'abuso di psicostimolanti che si manifestano in serie sindromi amotivazionali". "O ancora - continua il numero uno dell'Agenzia italiana del farmaco - negli individui affetti da disturbi cardio-polmonari severi, in cui l'uso di cannabis può scatenare ipertensione, sincope o tachicardia; o nei pazienti con grave insufficienza epatica, per il rischio di sviluppare steatosi, e in persone con precedenti storie di depressione e disturbi comportamentali". In conclusione, "come ente regolatorio a tutela della salute dei pazienti, riteniamo fondamentale separare l'utilizzo terapeutico dalla liberalizzazione".
Melazzini ha chiarito di voler intervenire con "una valutazione di tipo tecnico-scientifico, a nome dell'Agenzia competente per la regolamentazione dei farmaci in Italia". Per questo ha ricordato che "l'uso medico della cannabis e dei suoi componenti ha una storia millenaria condivisa da molte culture del mondo, ed è ormai completamente o quasi completamente legale in alcuni Paesi europei, tra cui appunto l'Italia, dove dal 2013 è autorizzato un medicinale a base di cannabis sativa per il trattamento dei sintomi da spasticità grave e moderata in pazienti adulti, dovuta a Sclerosi multipla. La pianta torna oggi a essere usata anche per altre patologie - sottolinea il presidente dell'Aifa, medico e malato di Sla - e il suo utilizzo è stato studiato in altre applicazioni mediche, come ad esempio per ipertonie e spasmi della Sclerosi multipla, ma anche per malattie del motoneurone e per il Glaucoma resistente".
"Tuttavia - precisa Melazzini - non vi sono ancora dati sufficienti sulla sua sicurezza e non esistono al momento informazioni specifiche sulle reazioni avverse dovute all'impiego medico. Conosciamo però gli effetti collaterali più comuni associati all'uso ricreativo della cannabis e a un suo sovradosaggio, che in alcuni casi comportano conseguenze serie, dalla psicosi a stati depressivi seri". Dunque, avverte, "in assenza di titolazioni precise dei principi psicoattivi, una liberalizzazione potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili".
Soprattutto, secondo Melazzini "sarebbe difficile il controllo delle controindicazioni nelle sottopopolazioni più esposte, pensiamo agli adolescenti, nei quali si riscontrano gravissime depressioni cliniche conseguenti all'abuso di psicostimolanti che si manifestano in serie sindromi amotivazionali". "O ancora - continua il numero uno dell'Agenzia italiana del farmaco - negli individui affetti da disturbi cardio-polmonari severi, in cui l'uso di cannabis può scatenare ipertensione, sincope o tachicardia; o nei pazienti con grave insufficienza epatica, per il rischio di sviluppare steatosi, e in persone con precedenti storie di depressione e disturbi comportamentali". In conclusione, "come ente regolatorio a tutela della salute dei pazienti, riteniamo fondamentale separare l'utilizzo terapeutico dalla liberalizzazione".
Ultimo aggiornamento: 04 Luglio 2016
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