Numerosi studi scientifici condotti principalmente sulla deprivazione cronica di sonno, hanno messo in evidenza vari effetti negativi a carico dell’organismo: riduzione dello stato di vigilanza, di attenzione e di concentrazione, disturbi percettivi, affaticamento cronico, disturbi digestivi, abbassamento delle difese immunitarie, turbe cardiache, disturbi psichiatrici, etc., e le conseguenti ripercussioni sulle relazioni sociali, sulle performances lavorative.
Nel 2009 l’Università del Michigan pubblicò un studio retrospettivo sull’andamento infortunistico lavorativo correlato al cambio dell’ora legale. Lo studio indagava sul numero di infortuni segnalati dalla Mine Safety and Health Administration dal 1983 al 2006.
I ricercatori analizzarono il numero degli infortuni occorsi il lunedì successivo al week-end del cambio dell'ora legale ed il numero delle giornate lavorative perse a causa delle lesioni riportate dai lavoratori. I risultati furono altamente significativi, rilevarono infatti un numero di infortuni associati all’ora legale più che triplicato (3,6 volte in più rispetto all’ordinario), ed un numero di oltre 2600 giorni lavorativi persi a causa delle lesioni riportate (68% in più rispetto all’ordinario).
Nell’ambito occupazionale, la medicina del lavoro ha rivolto sempre particolare attenzione a tutti quei lavoratori che svolgono attività nelle ore notturne, lavoro a turni, mansioni a elevata responsabilità sull’incolumità di terzi. Fisiologicamente, tali lavoratori, si trovano in una condizione di svantaggioso adattamento dei loro ritmi circadiani, risultando variabilmente in debito di sonno.
Ora legale e disturbi del sonno: prevenire è la soluzione
A causa degli effetti additivi della perdita parziale cronica di sonno, deprivazioni minori di sonno cumulatesi quotidianamente e/o deprivazioni acute di sonno, possono indurre un importante debito di sonno, aumentando il rischio di infortuni e di errori. Di fronte a tali rischi, occorre agire preventivamente, attraverso la pianificazione e l’organizzazione degli orari e turni di lavoro, al fine di minimizzare il debito di sonno.
Ad es. velocizzare la rotazione dei turni dei lavoratori, limitando il numero di turni di notte consecutivi; interporre almeno 11 ore di intervallo tra due turni, per aumentare il recupero di sonno; favorire la cosiddetta rotazione dei turni in ritardo di fase in senso orario (mattino>pomeriggio>notte); non iniziare troppo presto il turno del mattino, in modo da limitare la perdita dell’ultima parte del sonno ristoratore, ricca di fase REM.