L’enuresi, cioè il bagnare il letto, è un disturbo che si presenta in età scolare. Solitamente avviene durante il sonno ma, in taluni casi, può accadere anche di giorno. L’enuresi è definita primaria quando il bambino non ha mai imparato a controllare gli sfinteri, o secondaria quando, invece, il bambino comincia a fare pipì a letto dopo aver imparato a contenersi.
Questa situazione di imbarazzo e vergogna porta il bambino a sentirsi a disagio in famiglia e nei rapporti sociali in generale. È essenziale, in questi casi, evitare di drammatizzare eccessivamente la situazione, senza però far finta di nulla. Il bambino non ha bisogno di sentirsi sgridato, ma deve però imparare a gestire il suo corpo.
Pipì a letto: a chi rivolgersi
È importante, appena compaiono i primi segni, rivolgersi al pediatra, che dovrà escludere altre patologie importanti, quali infezioni alle vie urinarie, anomalie dell’apparato genito-urinario, la presenza di diabete o similari. I genitori, insieme al pediatra, dovranno anche essere in grado di valutare le notti in cui il bambino bagna il letto, sia per capire l’entità del disturbo, sia per valutare i progressi.
Può essere utile adottare alcuni accorgimenti per limitare il più possibile situazioni del genere, magari evitando di far bere al bambino troppi liquidi durante la serata e prima di andare a letto e accertandosi che il piccolo abbia veramente fatto tutta la pipì prima di coricarsi.
Le cause della pipì a letto
Solitamente, la causa principale risiede in una sbagliata gestione degli sfinteri, un controllo mai acquisito oppure acquisito male. Altre cause possono essere ricondotte a problemi fisici, quali una Vescica piccola, una secrezione notturna di ormone antidiuretico ridotta, anomalie urinarie o problemi neurologici, ecc.
A queste vanno aggiunte situazioni psicologiche problematiche come la nascita di un fratellino, litigi e/o separazione dei genitori, cambiamenti nella routine di ogni giorno, l’inizio della scuola, ecc. Queste, però, sono semplicemente dei fattori esasperanti della situazione fisica preesistente.
Cosa fare per risolvere il problema
Elemento fondamentale della terapia dell’enuresi è fornire al bambino la consapevolezza dello stimolo notturno. Nessun bambino, infatti, riuscirà a guarire dall’enuresi se non partecipa attivamente e consapevolmente alla risoluzione del problema.
La terapia comportamentale si avvale di diverse metodologie, tra cui il training autogeno – per cui il bambino continuerà a ripetersi che vuole restare asciutto e che è in grado di farlo, l’allenamento alla continenza – con il quale il bambino imparerà a trattenere la pipì per periodi di tempo sempre più lunghi intercorrenti tra lo stimolo e la minzione, e il conteggio dei secondi – che insegna a potenziare lo sfintere e ad aumentare la consapevolezza dell’atto minzionale, alternando momenti di minzione a momenti di assenza della stessa, fin quando la vescica non sarà del tutto vuota.
La Terapia farmacologica si fonda essenzialmente sull’assunzione di ossibutinina, desmopressina o imipramina. L’ossibutinina ha la capacità di limitare le contrazioni del detrusore, ma annovera, tra gli effetti collaterali, stipsi, sonnolenza e secchezza delle fauci. La desmopressina aumenta, invece, la ritenzione dei fluidi, ma la terapia è assolutamente controindicata in pazienti cardiologici o ipertesi. L’imipramina, infine, limita la capacità della vescica e contemporaneamente anche l’eccitabilità del Detrusore. Purtroppo, però, non solo la sospensione della terapia ha un alto tasso di recidiva, ma inoltre il farmaco presenta rischi gravi di morte in caso di sovradosaggio.