- Il processo di identificazione dei genitori
- La Sindrome del campione
Può sembrare un'esagerazione, eppure sono tantissimi i casi in cui i genitori che assistono alle partite di Calcio o alle prestazioni sportive dei propri figli urlano offese, insultano arbitri e allenatori e addirittura gli stessi ragazzi, arrivando talvolta anche alla violenza fisica. Così lo sport, che per giovani dovrebbe servire da insegnamento e dovrebbe rappresentare un utile strumento di crescita psico-fisica, può diventare causa di ansie, paure, tensioni: emozioni che sfociano nel profondo timore di non soddisfare le aspirazioni della famiglia.
Il processo di identificazione dei genitori
"In uno dei meccanismi ricorrenti, i genitori attribuiscono caratteristiche, sentimenti e aspirazioni proprie ai figli, perdendo in parte la capacità di vederli come individui altri da se stessi. Il rischio è che possano identificarsi con loro e, senza rendersene conto, appropriarsi del gioco sportivo, diventandone i protagonisti. Umiliazioni, offese e tensioni possono essere pertanto il frutto di adulti che cercano rivincite personali attraverso i figli e dell’idea che l’eventuale sconfitta sia sempre responsabilità di qualcun altro", spiega Anna Ancona, Presidente dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna.
"Nei bambini, al contrario, dovrebbe prevalere l’idea dello sport come gioco e divertimento, dove la collaborazione è preferita all’agonismo, anche perché la mancanza della soddisfazione e del piacere potrebbe portare alla demotivazione e a un successivo abbandono e rifiuto dell’attività sportiva. I bambini hanno bisogno di essere lasciati liberi di giocare senza eccessive pressioni, con poche direttive: rispettare gli altri (compagni, avversari, allenatori, arbitri), rispettare le regole del gioco sportivo e divertirsi."
La Sindrome del campione
Questo tipo di atteggiamento, con cui si vive l’attività sportiva con agonismo, è responsabile di un particolare condizione denominata “sindrome del campione”. Il bambino crea un’immagine di sé distorta, non riconoscendo i propri limiti. Un comportamento che lo porta a sentirsi già campione. Ogni evento negativo può così venire interpretato dal bambino come sfortuna o ingiustizia causata da altri, mentre ogni vittoria viene vissuta come segno della propria grandiosità. Una eventuale sconfitta sportiva viene vissuta come un fallimento personale e può essere accompagnata anche da gravi conseguenze psicologiche.
È importante che i genitori accettino i desideri, le qualità e i limiti dei figli, così come il ruolo degli istruttori, per educare al rispetto e stimolarne la crescita. Questo non significa che bisogna tralasciare l’aspetto dell’incoraggiamento e del supporto: è fondamentale sostenere il figlio a dare il massimo, a impegnarsi fin dove le sue possibilità lo consentono e soprattutto a stimolarlo a comportarsi bene in campo, educandolo al dialogo e all’ascolto.
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