La malattia di Alzheimer è stata descritta per la prima volta nel 1906 dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer (nome completo Aloysius “Alois” Alzheimer).
L’Alzheimer, contraddistinta da un progressivo declino della memoria e di altre funzioni cognitive, è una condizione causata da un’alterazione delle funzioni cerebrali. Rappresenta la patologia più diffusa tra le varie forme di demenza (tra il 50 e il 70% delle persone affette da demenza soffrono di Alzheimer) ed è un disturbo tipicamente associato alla terza età che, a livello mondiale, fa registrare 9,9 milioni di nuovi casi all’anno. Si stima che siano colpite dal morbo di Alzheimer circa 50 milioni di persone, numero destinato a triplicare entro il 2050.
Quanti sono i malati di Alzheimer in Italia? Nel nostro paese si contano, attualmente, oltre un milione di malati, numero che raddoppierà entro i prossimi trent’anni.
Il primo caso di morbo di Alzheimer
Il paziente a cui per primo Alzheimer diagnosticò la malattia era una donna di 51 anni, Auguste Deter, sua connazionale, che manifestava differenti sintomi, tra cui la perdita di memoria a breve termine (rispose così alle domande iniziali: Nome? “Auguste”. Cognome? “Auguste”. Qual è il nome di suo marito? “Auguste, credo”. Dunque, dimenticava qualsiasi cosa).
Lo psichiatra e neuropatologo natio di Marktbreit, nel land della Baviera, seguì con attenzione il caso Deter, impegnandosi per sostenere il marito della donna a mantenerla in un ospedale psichiatrico (eloquente il commento redatto nella cartella clinica: “Alla fine, non era più possibile alcuna forma di conversazione con la malata”).
Gli esiti sorprendenti dell’autopsia
Alla morte della paziente, Alzheimer ottenne il permesso di eseguire l’autopsia della donna – con l’aiuto di altri medici tra cui l’italiano Gaetano Perusini – esaminando scrupolosamente il suo cervello. Per prima cosa notò un’evidente atrofia della corteccia (tant’è che, successivamente, si sarebbe riferito alla condizione osservata come “una particolare malattia della corteccia cerebrale”).
E ancora, dalle analisi al microscopio emerse la presenza di depositi anomali nel tessuto nervoso (le caratteristiche placche amiloidi e gli ammassi neurofibrillari che, in seguito, sarebbero stati considerati segni tipici della malattia di Alzheimer).
Dopo una serie di studi su altri casi, nel 1907 Alzheimer presentò suoi risultati alla conferenza di psichiatria di Tubinga, ma in principio le sue convinzioni vennero accolte con dubbio. Lentamente, la teoria cominciò a diffondersi fino al 1910, anno in cui Emil Kraepelin, uno dei padri fondatori della moderna psichiatria, ripubblicò il suo “Trattato di psichiatria” – divenuto un vero e proprio punto di riferimento nell’ambito – nel quale definiva una nuova forma di demenza rivelata da Alzheimer, chiamandola appunto malattia di Alzheimer.
La “malattia delle quattro A”
In molti definiscono l’Alzheimer la “malattia delle quattro A”. Ovvero: amnesia (la perdita significativa di memoria), afasia (l’incapacità di formulare e comprendere i messaggi di tipo verbale o scritto), agnosia (l’incapacità di identificare in modo corretto gli stimoli, riconoscendo persone, oggetti e luoghi), aprassia (l’incapacità di compiere, in modo corretto, alcuni semplice movimenti volontari). L’Alzheimer non è una patologia normalmente ereditaria.