Polvere di rubino... Crema di diamante… Pillole di smeraldo… Frizioni al topazio. Difficilmente oggi le 'passerebbe' il SSN.
Eppure, queste ricette a base di pietre preziose hanno fatto parte integrante della farmacologia medica a partire dall’antichità sino almeno al 1700: né v’è tanto da sorridere se si pensa che, non esistendo medicamenti veramente efficaci per curare le malattie, si continuava a prescrivere - pur con qualche variante - quelli tramandati da secoli sulla base di presupposti considerati 'scientifici'.
In realtà, ancora nel Rinascimento era in auge la 'medicina astrologica', che veniva ufficialmente insegnata nelle Università: il futuro medico non poteva ad esempio ignorare che ogni Organo o apparato del corpo umano è intimamente collegato a qualche astro o costellazione: le braccia ai Gemelli, i reni alla Bilancia, le gambe all’Acquario, il cuore al Leone, i genitali allo Scorpione.
Da parte loro, anche le pietre preziose venivano collegate a qualche astro o pianeta, e di conseguenza potevano interagire con il corpo umano e quindi con la malattia: si era d’altronde convinti che esse fossero generate dalle stelle, frutto della condensazione da parte di un misterioso e mirabile 'succo pietrifico' (o 'spirito petrescente'), da cui sarebbe derivato l’effetto terapeutico.
In fondo tutto collimava con le teorie degli antichi 'filosofi della Natura' (Pitagora, Democrito, Leucippo, Empedocle), che collegano indissolubilmente il Macrocosmo (universo) con il Microcosmo (corpo umano), e quindi tra eternità dell’empireo stellare e materialità dell’uomo.
Per di più, anche l’impiego delle pietre preziose cone medicamenti collimava perfettamente con la storica teoria degli umori: con la loro purezza le gemme avrebbero difatti contrastato 'gli umori languenti e peccanti' (considerati causa di malattia) e 'corroborato le forze vitali deficienti'.
Ovviamente, per ogni patologia esistevano pietre dotate di un’azione specifica: 'pietre nefritiche' per le malattie renali, 'pietre oculari' per quelle degli occhi, per queste, ad esempio, la più efficace era considerata l’agata bianca in quanto il suo colore ricorda la sclerotica (il bianco degli occhi), mentre i suoi cerchi lasciano pensare all’iride e alla pupilla. V’erano anche le 'pietre del sangue' (dette anche sanguinelle) ideali per le malattie cardiovascolari, come indica il seguente schema:
Pietra | Effetto |
Ambra | Antiemorragico |
Ametista | Antiemorragico |
Crallo | Cardiotonico o 'cordiale' |
Malachite | Contro la sincope |
Perle | Cardiotonico o 'cordiale' |
Rubino | Antiemorragico |
Topazio | Antiemorragico |
Zaffiro | 'Contro le decadute forze del cuore' |
La terapia con pietre preziose è sopravvissuta ancora per lunghissimo tempo, sin dopo l’avvento della moderna farmacologia. Con i risultati che è facile immaginare.
Tuttavia, quando non funzionava, al medico non restava che un’ultima arma segreta: prescrivere della polvere di smeraldo da prendere per os: come si sa, il verde è la speranza, e il colore dello smeraldo era quanto di meglio ci voleva a che il paziente continuasse… a sperare nella guarigione.
Naturalmente, erano tutte idee basate sulla fantasia, alle quali la successiva ricerca scientifica non ha saputo riconoscere che qualche fondamento marginale.
Ma esse - a partire dalla prima metà del 1500 - non hanno mancato di stimolare la curiosità degli studiosi, in particolare per merito di uno strano medico svizzero dal chilometrico nome di Theophrastus Philippus Aureolus Bombastus con Hohenheim, il quale fin da ragazzo aveva seguito il padre, medico nelle miniere e nelle fonderie della Carinzia, e aveva quindi acquisito un’insolita confidenza con i metalli.
Così, divenuto anch’egli medico, formulò la seguente teoria: “Poiché i minerali e i metalli sono partoriti dalla Terra - la quale partorisce anche l’Uomo - essi devono svolgere un ruolo fondamentale nella salute umana, e quindi nella cura delle malattie”.
Ora, a parte la stramberia dell’assunto, l’interesse dei medici fu rivolto verso il possibile impiego di minerali e metalli quali medicamenti: il che non era di certo una cosa da poco, essendo ancora la Terapia - in pieno Medioevo - la stessa degli antichi Romani e degli Arabi.
E per la prima volta - dopo tanti millenni - ci si rese conto che i favorevoli effetti di certe acque sui calcoli (renali e/o biliari) o sui dolori reumatici erano proprio legati al loro contenuto in alcuni sali minerali.
Lo stesso Paracelso mise a punto medicamenti a base di antimonio, zinco, argento, oro, ferro, rame, per le più svariate (spesso fantasiose) indicazioni. Tuttavia, proprio da quegli empirismi, non di rado risibili, la moderna ricerca scientifica riuscirà a certificare il ruolo (indispensabile) realmente svolto da alcuni elementi chimici 'minerali' (il corpo contiene circa 1 kg di Calcio) e 'oligominerali' (ivi presenti in quantità infinitesimali) come ferro, cromo, jodio, litio, magnesio, zinco, selenio, vanadio, molti dei quali oggi correntemente usati in terapia. Per non parlare del solfo, largamente usato nelle malattie della pelle.
Nell’apprendere i retroscena del progresso scientifico, quindi, occorre sempre tener presente che spesso i piccoli e grandi 'errori' del passato - inevitabilmente legati alle scarse conoscenze del tempo - hanno tuttavia rappresentato preziosi e imprescindibili punti di partenza per molte delle successive grandi conquiste della Scienza.