L'omeopatia trova il suo 'padre fondatore' in un medico tedesco, Samuel Hanemann, il quale, durante la traduzione di un'opera di William Cullen, viene attratto dal fatto che i raccoglitori di corteccia di china, importata dal Perù, si ammalavano di frequente di febbri intermittenti, del tutto simili, nella sintomatologia, alle febbri malariche.
Da questo egli riesce ad avere un'intuizione particolare: il chinino guarisce dalle febbri malariche perché, somministrato alle persone sane, produce i suoi stessi effetti. Egli, infatti, somministra su di sé il chinino diluito a dosi diverse e scopre effettivamente di mostrare sintomi similari a quelli prodotti da questa patologia. Prova allora anche con altre sostanze, quali digitale, arsenico, belladonna, ecc, attribuendo ad ognuna di esse una proprietà curativa in base ai sintomi mostrati.
Dal 1810 Hanemann comincia a pubblicare i risultati delle sue sperimentazioni, che poi saranno raccolti nell'opera Organon dell'arte del guarire, da cui muoverà i passi l'omeopatia tutta.
In quest'opera egli cerca di sistematizzare i metodi da lui utilizzati nelle diluizioni e nella dinamizzazione dei prodotti originari. Nell'ultima edizione Hanemann si concentra, invece, sulla sistemazione dei metodi di diluizione, prediligendo quello cinquantamillesimale, che non solo aveva una maggiore efficacia, ma riusciva anche ad evitare quel fastidioso peggioramento iniziale della malattia, tipico di queste terapie. Le diluizioni precedentemente utilizzate, infatti, era basate su una scala centesimale.
Nel 1843 Hanemann muore a Parigi all'età di 88 anni. Eppure, l'omeopatia continua ad avanzare e a conquistare spazio, emigrando negli Stati Uniti, in Francia, in Italia, nel Regno Unito, ecc.
Tre furono le direzioni che i discepoli di Hanemann intrapresero dopo la sua morte. Gli unicisti affermavano l'efficacia di un unico rimedio, solitamente prescritto in alta diluizione; i pluralisti, invece, preferivano la prescrizione di diversi rimedi, ma secondo una sequenza precisa e determinata e, in ogni caso, da assumere singolarmente; infine, i complessisti erano per la somministrazione di diversi rimedi uniti insieme in un solo preparato.
Ma come funzionano i rimedi omeopatici?
L'omeopatia pretende di curare le patologie con la somministrazione di sostanze che possono provocare, nelle persone sane, gli stessi sintomi della malattia che vuole curare.
Per evitare effetti tossici, le sostanze vengono diluite in dosi sempre più piccole: l'effetto curativo di un rimedio omeopatico, secondo il famoso principio dell'infinitesimale, aumenta quanto minori sono le dosi e maggiori le dinamizzazioni, cioè gli scuotimenti a cui viene sottoposto il preparato.
Inoltre, fondamentale è la visita con l'omeopata, che non tende a curare la malattia ma il paziente, come individuo a sé stante.
Oltre ai sintomi, l'omeopata indaga a fondo non solo tutto l'Organismo del paziente, ma anche gli aspetti emotivi, ambientali, psicologici, personali. La diagnosi non verrà posta come nella medicina convenzionale, bensì il medico omeopata andrà a ricercare dei rimedi che abbiano reazioni simili a quelle presentate dal paziente.
In seguito, passerà a stabilire modalità di assunzione, Posologia e durata del trattamento: le malattie acute potranno essere risolte con rimedi a bassa diluizione mentre per le malattie croniche il trattamento potrebbe protrarsi anche per mesi con la somministrazione di rimedi ad alta diluizione.
Le cure omeopatiche non hanno alcuna Controindicazione, ma gli studi scientifici finora effettuati hanno constatato che le sostanze troppo diluite perdono ogni efficacia: l'omeopatia, nei casi in cui ha effetti positivi, agirebbe quindi per 'effetto placebo'.