Gentile signora, posto che l'argomento non rientra generalmente nella mia sfera di competenze, essendo oggi questo tipo di problematiche gestito dai colleghi psichiatri, mi ha colpito un aspetto del suo racconto: una volta espresso ai suoi parenti il contenuto dei suoi pensieri, il loro rifiuto ha ingenerato la ripresa del disagio. E' chiaro quindi che la genesi dei suoi disturbi è assolutamente "psichica", cioè legata esclusivamente a conflitti sul piano relazionale. In questo senso, la sua psicoterapeuta ha ragione: perchè affrontare un problema di carattere chiaramente psicologico con un presidio farmacologico? Però, rispettosamente, giro anche io la domanda alla sua psicoterapeuta: se questo è il percorso strategico con cui vuoi curare la tua paziente, avevi previsto questo evento (cioè la ripresa dei sintomi in relazione alle conseguenze della scelta terapeutica)? E se l'avevi previsto, quanto prevedi che la tua paziente possa resistere in preda ai sintomi? E, infine, pensi che soffrire di questi sintomi sia controproducente o possa rappresentare un salutare per quanto doloroso passaggio terapeutico?
Tolto ciò, nulla impedisce di accompagnare la psicoterapia ad una farmacoterapia quando ciò è necessario. Il problema è che gli psicologi non sono abilitati a prescrivere farmaci. Ne riparli con la sua terapeuta e discuta con lei il suo malessere. Saprà sicuramente aiutarla.
Saluti