Per poter rispondere adeguatamente al suo quesito è, prima di tutto, necessario conoscere quale sia stato l’esito della terapia ablativa percutanea mediante radiofrequenza effettuata ad agosto 2004. Questo elemento può essere valutato mediante esame TC a distanza di circa un mese dall’effettuazione della procedura terapeutica. Una terapia alternativa alla ablazione percutanea può risiedere nella chemioembolizzazione (TACE), da valutare con molta attenzione. La chemioembolizzazione arteriosa transcatetere (TACE) del tumore è un trattamento alternativo e complementare alle tecniche interstiziali. Esso sfrutta il duplice rifornimento di sangue del fegato, visto che il tumore è rifornito solo dall’arteria epatica. La TACE determina necrosi ischemica del tumore e rende possibile l’iniezione di agenti antitumorali direttamente nel tumore, favorendo elevata concentrazione locale di farmaci antineoplastici e riducendo gli effetti collaterali sistemici. Tre studi controllati randomizzati di TACE e uno studio controllato randomizzato di embolizzazione transarteriosa senza chemioterapia nel trattamento di pazienti con tumore esteso non resecabile non hanno mostrato efficacia della chemioembolizzazione sulla sopravvivenza. Due studi più recenti hanno invece dimostrato un significativo prolungamento di sopravvivenza nei pazienti con tumore inoperabile. La TACE pertanto sembra una valida opzione terapeutica nei pazienti cirrotici con tumore multifocale inoperabile e buon compenso epatico.
Non sono validate, allo stato attuale, altre terapie per l’epatocarcinoma multifocale. La chemioterapia sistemica nei pazienti con tumore inoperabile non ha dato percentuali di risposta soddisfacenti (20%), probabilmente perché i tumori voluminosi sovraesprimono i geni di farmacoresistenza. La possibile dipendenza del CE da ormoni sessuali, la presenza di recettori ormonali nei nuclei delle cellule tumorali e la sovraespressione di recettori per estrogeni nei tumori con maggiore proliferazione hanno suggerito la possibilità di manipolare con ormoni la crescita tumorale. Tuttavia, uno studio controllato randomizzato in pazienti con tumore inoperabile ha dimostrato che il trattamento con l’anti-estrogeno tamoxifene non migliora la sopravvivenza né la qualità della vita dei pazienti. I farmaci progestinici potrebbero rappresentare una opzione terapeutica alternativa al tamoxifene in pazienti con tumore che esprime recettori estrogenici epatici mutati. La radioterapia palliativa può ridurre il dolore causato dal tumore e l’irradiazione dell’intero fegato con 25 Gy per cinque o sei settimane, è considerato il trattamento minimo necessario per controllare il tumore. La terapia radiante con protoni è più attiva e meglio tollerata della radioterapia convenzionale del fegato, ma richiede un’attrezzatura costosa. Questo approccio può causare risposta completa nel 19% dei casi rispetto al 50% di risposta parziale e 31% senza beneficio apprezzabile. La qualità della vita non è risultata danneggiata nella maggior parte dei pazienti, e solo occasionali pazienti hanno sviluppato insufficienza epatica dopo radioterapia. Un approccio alternativo, che può trovare uno spazio nel futuro è rappresentato dalla terapia genica. Essa può offrire nuove speranze in pazienti con tumore non trattabile. Le cellule tumorali possono infatti essere transfettate con virus capaci di trasferire geni che facilitano il suicidio dell’epatocita o rendere le cellule più responsive a farmaci antivirali.