Il trapianto di fegato per la sindrome di Budd-Chiari (SBC) rende possibile una sopravvivenza a lungo termine con accettabili tassi di mortalità; il decorso post-operatorio non rivela differenze rilevanti nell’incidenza e nel tipo di complicazioni in confronto a tutti gli altri riceventi un trapianto di fegato. La sopravvivenza a lungo termine dopo trapianto può solo essere pregiudicata dalla progressione del disordine ematologico sottostante. Dato che il rimpiazzo di un fegato cirrotico ammalato di un paziente con sindrome di Budd-Chiari può non sempre curare la sottostante condizione ipercoagulativa, il paziente trapiantato deve essere trattato con terapia anti-coagulante precoce ed a lungo termine per evitare la ricorrenza della SBC; inoltre la terapia anticoagulante deve essere attentamente monitorata per evitare, quali effetti indesiderati, trombosi od emorragie. La SBC non è una malattia trasmissibile.