Gentile utente,
nei limiti consentiti da questo spazio virtuale e sulla scorta delle informazioni che mi scrive, posso fornire un parere che risulta essere soprattutto una intuizione. Sarebbe importante raccogliere una anamnesi più approfondita, anche per escludere eventuali effetti iatrogeni ed evidenze disfunzionali in corso.
Mi limito pertanto a quanto riferisce.
Vorrei innanzitutto rassicurarla dicendole che non si piange (ammesso che il suo sia un pianto) solo quando si è fragili o sfortunati perché si può piangere anche di gioia. Inoltre, il pianto, è una manifestazione emotiva tipica degli esseri umani. In lei tale manifestazione, che definirei più come commozione, si manifesta in modo impulsivo e certamente sarà portatrice di una ragione. La domanda è questa: se ipotizzo che ogni comportamento risulta essere implicitamente un messaggio, cosa vorrebbero esprimere i suoi occhi lucidi o le sue lacrime in quei momenti? Che cosa vorrebbero comunicare?
Evitiamo di esprimere giudizi (tipo: fragile, piagnucolona, ecc.), proviamo a comprendere quanto comunica il suo corpo bypassando il controllo del suo pensiero. Credo che se andiamo in questa direzione, riusciamo a legittimare quei "modi di essere" e contemporaneamente a trovare una via di uscita. Non drammatizzerei e allo stesso tempo cercherei un riferimento in un/una professionista con esperienza (psicologo psicoterapeuta) di terapie psicocorporee, in questo caso di scuola post reichiana, per approfondire meglio il caso.
Con molta cordialità. Dott. Tripeni