Leggo il suo quesito con molta inquietudine, innanzitutto perché mi rendo conto di non esserle di fronte per approfondire meglio la sua richiesta e il senso delle sue preoccupazioni. E con molta onestà, mi sento di dire che sarebbe veramente necessario aiutarla affinché lei possa aiutare suo figlio.
Il bambino in questo momento continua ad esprimere con forza (che si sa è molto limitata) il suo bisogno di dipendenza e cura; ad iniziare dalla considerazione - e, pertanto, consapevolezza da parte degli adulti – della gravità della situazione.
Pretendere che un bambino, nelle sue condizioni, possa essere responsabile, nel momento in cui gli adulti non lo sono perché vogliono educarlo “all'ascolto, all'obbedienza e al rispetto delle regole”… beh, questa è pura follia. Tenendo anche conto che suo figlio ha problemi di udito e manifesta anche una sintomatologia in relazione alla trascuratezza delle cure a lui prestate sino a questo momento. Perché, secondo me, è del tutto normale (nel senso che è congruente con la sua realtà psichica individuale) avere crisi di collera, sentirsi isolato, manifestare limitazione nelle azioni, avere bassa autostima. Certo è che questi comportamenti (ogni comportamento è un messaggio) devono essere compresi!
I bambini hanno bisogno di amore e prima di tutto rispetto perché “funzionano” diversamente dagli adulti i quali di solito pretendono che i bambini si pongano al loro livello. Non è così!
Tuttavia comprendo la realtà di una madre che agisce (e sono convinto che a lei non possono essere imputate colpe) sotto la pressione di impegni gravosi (“ho orari di lavoro impossibili e un altro bimbo di 3 anni”) che le fanno vivere anche sentimenti di colpa (“confesso di essere a volte poco paziente”).
Mi sento ora in grado di incoraggiarla a chiedere aiuto, non abbia paura di chiedere ad alta voce AIUTO. Certamente a suo marito e ai suoi familiari e amici, tuttavia credo sia opportuno un sostegno psicologico che possa rappresentare per lei una occasione per rispecchiarsi attraverso un/a professionista, innanzitutto in grado di “mettersi nei suoi panni”, che l’aiuti a ritrovare se stessa e il senso della maternità che passa obbligatoriamente nella responsabilizzazione ma anche nella cura della relazione genitoriale ed educativa. Affinché, aiutando se stessa, possa aiutare i suoi figli. Coraggio