Le sue osservazioni riguardano un aspetto che purtroppo si riferiscono a normative di legge che esulano dalle nostre possibilità di ntervento. Il test cui si riferisce CDT, deriva dall’ abbreviazione del termine inglese Carbohydrate Deficient Transferrin, si basa su di una glicoproteina prodotta dal fegato, la cui concentrazione nel sangue aumenta nei soggetti che fanno abuso di alcol. Tale incremento avviene quando il soggetto ha consumato in media più di sessanta grammi d’alcol al giorno per più di una settimana. Per dare un’idea della quantità, sessanta grammi d’alcol corrispondono approssimativamente ad una bottiglia di vino e a più di un litro e mezzo di birra. Quando il consumo viene interrotto, ci vogliono parecchi giorni di astinenza prima che la concentrazione di CDT nel sangue diminuisca. Il principale vantaggio di questo marker è la sua buona sensibilità, in ogni caso superiore a quella delle GGT e dell’MCV, e soprattutto la sua precisione (oltre il 90%), cosicché quando il CDT è elevato, vi è praticamente la certezza di essere di fronte ad un soggetto etilista. Il test è peraltro indipendente dall’età, dall’assunzione di medicinali, dalla presenza di altre patologie, ed il suo aumento è osservato nei soggetti che abusano di alcol sia regolarmente che irregolarmente (per esempio, le ubriacature del fine settimana). Non saprei dirle da quanto tempo tale test è utilizzato dalle forze dell’ordine per la valutazione dell’alcolismo, né perché il ticket sia così caro. Altrattanto dicasi per la lunga durata per il ritiro dell’esame, probabilmente dovuto al fatto che si tratta di un test di non comune effettuazione. Infine, con parametri biochimici normali, in assenza di chiari segni di patologia alcolica ed in assenza di ammissione di abuso da parte dell’interessato, non è possibile che una Commissione si pronunci affermativamente in relazione all’abuso alcolico.