Caro Signora,
i reperti che descrive nella RM encefalo sono certamente quelli di una cerebropatia vascolare cronica, probabilmente legata ad una condizione di arteriolosclerosi. L'arteriolosclerosi è l'indurimento e ispessimento della parete delle ramificazioni più piccole delle arterie del cervello, che quindi non riescono ad adeguare il flusso ematico alle circostanze di richiesta metabolica del tessuto. E' assai frequente, in persone con fattori di rischio vascolare (ipertensione, diabete, fumo, età oltre i 65, dislipidemia), una certa "discrepanza" tra i reperti per immagini (RM, TC) e la reale capacità cognitiva. D'altra parte, se lei fosse stato demente non avrebbe potuto scrivermi con tale dovizia di particolari e con appropriatezza logica e semantica. Questo deriva dall'enorme "riserva funzionale" del cervello, per cui tendiamo a mantenere le capacità apprese durante la vita anche con un minimo di struttura cerebrale residua.
Cosa c'è da fare? Purtroppo oggi non conosciamo farmaci che riescano a "riportare indietro" le lesioni ischemiche cerebrali. Possiamo solo ridurre la velocità di progressione delle lesioni attraverso la rimozione dei fattori di rischio rimovibili (nel diabete è fondamentale il controllo glicemico stretto, checchè dicano molti medici, cosi come il controllo costante della pressione arteriosa, sia durante la notte che di giorno). Poi esistono farmaci che temporaneamente ottimizzano i fenomeni di neurotrasmissione cerebrale, però non migliorano la riserva funzionale, anzi alla lunga tendono a consumarla.
L'esercizio mentale, specie nelle persone istruite che possono dedicarsi a compiti più complessi, è uno dei fattori di protezione più potenti: infatti le fasce di popolazione con maggiore scolarità e ancora impegnate lavorativamente (o con hobby impegnativi) sono quelle più preservate dal declino cognitivo legato a questo tipo di malattia cerebrale.
Saluti