Il “mobbing” (dall’inglese TO MOB: assalire tumultuosamente) è stato di recente definito dalla Commissione Frattini come: “l’insieme di atti e atteggiamenti o comportamenti di violenza morale o psichica in occasione di lavoro ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale, che portano ad un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute, la professionalità o la dignità del lavoratore”.
Inizialmente, la vittima di “mobbing” non mette in relazione i sintomi accusati (dall’emicrania al raffreddore; dall’ abbassamento delle difese immunitarie ai disturbi tiroidei, a palpitazioni, a disturbi della sfera sessuale, a dolori muscolari, o, ancora, a sensazioni di affaticamento e, in generale, a tutte quelle conseguenze che sono più tradizionalmente collegate allo stress) con lo stillicidio quotidiano di rimproveri gratuiti,diffidenze, umiliazioni, tattiche di discredito, che tendono solitamente ad indurre il lavoratore alle dimissioni.
Nel rapporto di lavoro è vietato ogni comportamento datoriale che realizzi una compromissione della personalità del lavoratore, con la conseguenza che, laddove il datore di lavoro sia a conoscenza di comportamenti vessatori di un suo dipendente nei confronti di un collega gerarchicamente subordinato, è tenuto a porre in essere, secondo il tradizionale criterio della massima sicurezza fattibile di cui all’art. 2087 cod.civ., quanto necessario per impedire il reiterarsi del comportamento illecito.
E’, dunque, di fondamentale importanza riconoscere in tempi brevi l’azione aggressiva e non accettarla passivamente in quanto, secondo gli standard svedesi, sono sufficienti sei mesi di “mobbing” continuato per generare danni all’organismo. Vieppiù, il mobbizzato, sottoposto nel tempo ad una pratica aggressiva sistematica, proprio per effetto della riduzione di autostima e conseguente abbassamento delle capacità di resistenza e difesa, tende a sentirsi colpevole di una situazione di cui, al contrario, è purtroppo vittima.
Imparare a riconoscere, prima che sia troppo tardi, le pratiche di mobbing è l’unico strumento di prevenzione.
Si riportano, di seguito, alcune situazioni codificate dagli esperti come principali sintomi da non sottovalutare:
1. Improvvisamente spariscono, o si rompono, senza che vengano sostituiti strumenti di lavoro come telefoni, computer, etc;
2. Le liti o dissidi con i colleghi sono più frequenti del solito;
3. Estromissione da incontri e/o riunioni aziendali a cui solitamente si partecipava;
4. Non vengono trasmesse comunicazioni e/o notizie importanti per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
5. Introduzione negli ambienti di lavoro di pettegolezzi infondati nei confronti del lavoratore;
6. Si affidano, da un giorno all’altro, incarichi inferiori alla qualifica o estranei alle competenze del lavoratore;
7. Vengono costantemente monitorati: orari di lavoro, telefonate, tempo passato per prendere un caffè, etc.;
8. Vengono reiteratamente ed eccessivamente rimproverate delle piccole mancanze o imprecisioni;
9. Non viene data alcuna risposta alle richieste, verbali e/o scritte, che vengono proposte;
10. I superiori o i colleghi provocano il lavoratore per indurlo a reagire in modo incontrollato;
11. Esclusione dalle attività sociali anche fuori dagli ambienti di lavoro;
12. Viene deriso l’aspetto fisico o il modo di vestire;
13. Tutte le proposte di lavoro vengono rifiutate;
14. I superiori o i colleghi fingono di non ricordare il nome del lavoratore;
15. La retribuzione è inferiore a quella di colleghi che hanno incarichi di importanza minore;
16. Il lavoratore viene minacciato di perdere il posto di lavoro, oppure di essere trasferito in altra sede;
Il “mobbizzato” può ricorrere al Magistrato in via d’urgenza, essendo spesso fondamentale il fattore tempo, in situazioni in cui il rischio e la molestia sono quotidiani e in evoluzione continua.
Sul datore di lavoro grava l’onere di provare di aver ottemperato all’obbligo di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore; parimenti, sul lavoratore grava il solo onere di provare la lesione dell’integrità psico-fisica e il nesso di causalità tra tale evento dannoso e l’espletamento della prestazione lavorativa.
E’ opportuno che il lavoratore ricorra, preventivamente, a medico esperto al fine di verificare l’effettiva sussistenza della sintomatologia da “mobbing” e, conseguentemente, il nesso di causalità.
A cura di
Dr. Dino Giordano