- In genere si dice la mia 'mamma' oppure mia 'madre'. Qual è la differenza?
- Ci sembra di capire che, allora, è una questione che potremmo definire 'affettiva'?
- Dunque, figura da 'seguire' a cui riferirsi?
- Ritornando alla questione mamma/madre, ci può fare un 'quadro' delle differenze?
- In conclusione?
- Ci può fare degli esempi?
- Qualche altro esempio?
- Insomma, ce n'è per tutti.
Il rapporto con la mamma e le madri-simbolo: intervista alla Prof.ssa Grazia Aloi, Specialista in Psicologia e Psicoterapia e Sessuologia.
In genere si dice la mia 'mamma' oppure mia 'madre'. Qual è la differenza?
Per un figlio dire mamma o madre è come utilizzare dei sinonimi solo in apparenza, perché, psicologicamente, c'è un'enorme differenza. Ma vorrei fare una premessa: fintanto che un'epoca sociale e culturale non ha caratterizzato nuove forme di maternità e genitorialità (e mi riferisco alle varie forme di procreazione assistita e ai casi particolari di adozione), la mamma era la donna che all'interno o in conseguenza di una relazione con un uomo, dava la vita ad un figlio, lo faceva nascere, rispettando una legge naturale. Il figlio, per definizione, sapeva che - nell'ordine naturale delle cose - aveva dei genitori biologici. Da lì in avanti, dal saperlo in poi, sarebbe stata tutta un'altra storia.
Ci sembra di capire che, allora, è una questione che potremmo definire 'affettiva'?
Infatti, questa consapevolezza, per quanto rassicurante e protettiva, non portava (e mai comunque porterà) alla comprensione di madre (e di padre), bensì alla 'semplice' (per quanto appunto molto importante) conoscenza - potremmo effettivamente dire 'affettiva' - di essere figlio di una mamma-donna e di un papà-uomo, con tutta la sua valenza emotiva e ad essi, ai loro sentimenti e alle loro esistenze si conformava. Punto.
Una mamma e un papà devono, assolutamente devono, esserci: biologici o non, essi devono esistere, pertanto anche i sostituti 'vanno bene' (tra virgolette perché non sempre è tutto così facile, visto che ai figli occorre sempre dire la verità). Basti pensare a Konrad Lorenz. (Lorenz, etologo del secolo scorso, studiò il fenomeno dell'imprinting: un anatroccolo, tolto alla nidiata e alla vera mamma e messo in altro luogo con un'altra 'mamma', istintivamente seguì la seconda figura, come se fosse - e quindi lo divenne - la vera mamma).
Dunque, figura da 'seguire' a cui riferirsi?
È assolutamente rilevante, determinante ed indispensabile che ci siano figure di ancoraggio evolutivo, che permettano lo sviluppo e la crescita e che permettano anche la conoscenza del mondo, con tutti i sentimenti necessari all'equipaggiamento che la vita richiede. Dunque, due persone: una donna e un uomo, nonostante le 'riparazioni' concettuali che - ad avviso di una non certo superata indicazione psicoanalitica - ritengono che anche coppie non eterosessuali possano andar bene.
I figli hanno bisogno di un reale, concreto, visibile, toccabile riferimento femminile (mamma o 'mamma') e di uno maschile (papà o 'papà'). Differente, davvero enormemente differente, è l'intima e soggettiva comprensione di avere una madre e un padre. Che esistano realmente oppure no, è 'psicologicamente' indifferente. Non lo è 'affettivamente' ma per la psicologia - e la psicoanalisi, freudiana in particolare - l'esistenza della vera mamma e del vero papà è 'simbolicamente' irrilevante. È irrimediabilmente rilevante che esistano le 'rappresentazioni simboliche' di esse, non certo le 'vere' figure. Ossia, è assolutamente indispensabile che il figlio possa 'costruirsi' una rappresentazione interna che permetta di passare dal 'concetto' di mamma a quello di madre.
Ritornando alla questione mamma/madre, ci può fare un 'quadro' delle differenze?
Certo. Come dicevo è tutt'altro che una questione dialettica, e quindi occupiamoci di chi, psicologicamente per il figlio, sia la Mamma e la Madre, lasciando spazio insaturo a ulteriori riflessioni. Della mamma si ha il DNA (per assurdo, anche quando non è la mamma naturale), della Madre si ha l'immagine; della mamma si ha il 'genotipo psichico', della madre il 'Fenotipo psichico'; della mamma si ha la fotografia 'reale', della madre si ha l'immagine 'inventata'; della mamma si ha la somiglianza, della madre si ha la coscienza.
La mamma fa, la madre crea. La mamma lascia anche quando il figlio non vuole; la madre non lascia fintanto non sia il figlio a volerlo. La mamma è misteriosamente accessibile alla conoscenza, la madre è limpidamente nascosta alla scoperta. E poi, la mamma è colei (una donna) che si prende cura del figlio (del bambino) e con esso instaura una relazione sentimentale di qualsiasi genere, con umana alternanza di sentimenti; di lui si occupa nei bisogni pratici ed educativi (in senso ampio) come può, come vuole e come sa. Madre è... Non c'è una definizione sufficientemente pregnante che possa essere esaustiva per una imponenza così assolutamente soggettiva, privata, intima.
Ad ogni modo: la madre è una sola e solo 'lei' può esserlo. La madre è colei che ha saputo 'custodire' il figlio per se stesso e per donarlo al mondo. Non è madre chi lo ha voluto per qualcosa o per qualcuno: mai. Neppure l'amore giustifica. Per il figlio, la madre è colei che egli ha dentro, nell'anima, nelle istantanee giù nelle viscere, nella mente, nel Cuore, nelle mani, nella vita. La madre è la Terra, è l'Universo, è colei che si è incarnata benevolmente nella moglie del figlio ed è colei che incarna benevolmente la figlia per il proprio marito.
In conclusione?
Che dire? Assolutamente nessun luogo comune o scontato. La mamma è 'buona' così come è 'cattiva', perché è un essere umano. La vita di tutti i giorni, la storia, la letteratura ci offrono e ci hanno offerto esempi che forse resteranno eterni e, tanto per fare alcuni esempi, se volessimo rifarci alla mitologia - sempre apprezzata perché lascia libertà di fantasia - che dire di alcune madri-simbolo?
Ci può fare degli esempi?
Prendiamo Cornelia, la mamma dei Gracchi che tanto ha voluto essere madre dei suoi 'gioielli' piuttosto che moglie. Chi è la 'madre-Cornelia'? È colei che si sacrifica per amore dei propri figli, ad esempio non si risposa e non si ricrea una vita, ma è anche colei che - proprio per lo stesso motivo - mette sulle spalle dei figli il peso e la responsabilità della sua 'felicita'. Essere il gioiello di mamma è un peso enorme da sopportare e molti figli diventano opachi e spenti dalla fatica piuttosto che essere brillanti e lucenti. Sono i classici figli che fanno tanto per gli altri, lo sentono come un dovere, e poco magari sanno fare per loro stessi.
Oppure Rea Silvia, la mamma di Romolo e Remo. Si tratta di una madre salvatrice, di una madre che ha fatto di tutto per far nascere i suoi figli. Madre astuta, dalla quale imparare a sapersela cavare, a stare al mondo con grinta, ma che responsabilità per un figlio essere l''oggetto' di una donna che, per causa del suo concepimento, non è più stata 'pura'! Come può sentirsi un figlio 'costretto' a 'rubare' e 'uccidere' per far fuori la rabbia dell'abbandono e 'costretto' a costruire di tutto e di più per recuperare l'amore e la benevolenza e 'morirci' anche di dolore sotto il peso di questo? Si tratta comunque di figli 'in gamba', aggressivi, magari un po' troppo ma decisamente capaci.
Qualche altro esempio?
Ne avremmo davvero parecchi.... vediamone ancora qualcun'altra. Che dire di Aurelia, la madre di Giulio Cesare? La mamma che tanto ha fatto per proteggere suo figlio? È una mamma che trasmette sicuramente saggezza e intelligenza e che insegna tutto, al punto che il figlio, se diventa 'qualcuno' (e in genere lo diventa) sente di 'doverlo' a sua madre. Da madri così si impara il coraggio del combattimento ma non la responsabilità della necessità di dover combattere; per contro è una madre che lascia poco spazio all'organizzazione e alla decisione spontanea e quindi molto di quanto positivamente viene insegnato se ne va in poca assunzione di scelta e, quasi sempre, abbiamo davanti a noi figli che, pur adulti, poco sanno del concetto di premio-punizione.
Oppure c'è Elena, la madre di Costantino. È una mamma umile e servizievole che insegna ad essere mite e a sapersi mettere da parte, saper rinunciare e insegna la forza dell'attesa. Però, per un figlio, forse, sapere che la propria madre è così 'misera', in disparte e sofferente costringe un po' a prendersene cura volente o nolente, e difficilmente un figlio così 'riconoscente' può sperimentare una vita differente da quella esemplare a cui è stato abituato. Nel senso, sempre buoni, perché così deve essere.
In ultimo cito Tetide, la madre di Achille, la madre coraggio che rese quasi invulnerabile suo figlio. È una mamma che protegge sempre e che orgoglio essere il figlio audace e forte e mitico di tale mamma! Da lei si impara ad essere figlio per eccellenza, sì astuto ma con un forte senso dell'onore, della giustizia e dell'amicizia, però... che fatica avere sempre sul collo una madre così 'consigliera'!
Insomma, ce n'è per tutti.
Sì, proprio così, ce n'è per tutti, perché le mamme fanno e disfanno in un battibaleno: è così... è l'amore di mamma e guai a non amarla, la nostra vera mamma e guai a non avere una madre 'interiore'. Nel bene e nel male, da amare anche dopo averla odiata.